Se dovrai attraversare il deserto, non temere, Io sarò con te.
Se dovrai camminare nel fuoco, la sua fiamma non ti brucerà.
Seguirai la mia luce nella notte, sentirai la mia forza nel cammino,

io sono il tuo Dio, Signore.
Sono io che ti ho fatto e plasmato, ti ho chiamato per nome.
Io da sempre ti ho conosciuto e ti ho dato il mio amore.
Perché tu sei prezioso ai miei occhi, vali più del più grande dei tesori,

Io sarò con te dovunque andrai.

Le sofferenze di Gesù viste da un medico

L'eminente chirurgo francese Pierre Barbet, ha cercato di immaginare, da un punto di vista medico, le sofferenze fisiche di Gesù sulla croce. Anche se, secondo il mio modesto parere, non credo sia una cosa molto semplice. Cosa ha provato Gesù nel momento in cui il carnefice ha preso un chiodo, quadrato e appuntito e glielo ha conficcato nel polso, nella piega anteriore? Gesù non ha gridato, ma il suo volto si è terribilmente contratto. Il dito pollice si è spostato all'esterno della palma e il chiodo ha toccato il tendine mediano. Come si può narrare di un simile dolore? Esso è come una saetta infuocata che ha percorso la spalla andando a scoppiare nel cervello.



In genere un siffatto dolore porta allo svenimento, ma Gesù non ha perso conoscenza ed è rimasto appeso così, con il tendine teso a cavallo del chiodo, per tre ore. Ma le sofferenze non terminano qui, perchè oltre ai polsi, la regola della crocifissione prevede anche di inchiodare i piedi. Le ginocchia vengono piegate leggermente il piede sinistro viene appoggiato di piatto sul legno e poi vi si sovrappone il destro, un solo chiodo li fissa entrambi.
Al dolore straziante delle ferite procurate dai chiodi si aggiungono i crampi che colpiscono tutti i muscoli del corpo compresi quelli della respirazione. A poco a poco il viso diventa cianotico, l'aria riesce solo ad entrare nei polmoni ma non ne esce quasi più, la sua fronte è coperta di sudore, gli occhi rovesciati sembrano voler uscire dalle orbite.


Ma ancora non è giunta l'ora. Lentamente Gesù, cerca di sollevarsi, appoggiandosi ai piedi: cioè alle piaghe dei piedi. Distende le gambe a poco a poco, il corpo si solleva allentando la trazione delle braccia. Ed ecco che la contrazione generale diminuisce, e i muscoli -almeno quelli del petto- si distendono. La respirazione si fa più profonda, i polmoni riescono a svuotarsi e il colore cianotico del viso lascia il posto al pallore di prima.

Ma fino a quando? La sete, i crampi, l'asfissia e la vibrazione atroce dei tendini mediani del polso non gli hanno strappato un lamento. Egli sa che ormai è alla fine. Come per farci intendere che sta morendo di propria volontà, esclama:"Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito".

Riflessione 

La passione del Signore ci mette in silenzio. Un silenzio più profondo della molteplicità di voci che sempre ci circonda, anzi, solitamente ci abita. Nasce nel cuore una domanda cui non è possibile sottrarsi: perché? La risposta ci è data da Gesù stesso che dice: «Questo è il mio sangue versato per molti, in remissione dei peccati» (Mt 26,28). Contempliamo il Figlio dell'uomo, Signore glorioso, per noi umiliato, schernito, percosso.
Guardiamo al Figlio di Dio, che non è sceso dalla croce cercando di salvare se stesso, ma ad essa è rimasto confitto, salvando tutti noi. Fedele al disegno del Padre, fedele all'amore per l'uomo, ha preso su di sé l'estremo abbandono dovuto al peccato, perché noi, liberati, potessimo gustare la gioia della comunione con Dio. Si scuota la terra della nostra consueta indifferenza, si spezzino le rocce dei cuori induriti. La grazia della passione di Cristo oggi ci è offerta. Nel nome di Gesù pieghiamo anche noi le ginocchia e in silenzio, umilmente, deponiamo il nostro peccato ai piedi della sua croce gloriosa, della sua croce d'amore.

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