Se dovrai attraversare il deserto, non temere, Io sarò con te.
Se dovrai camminare nel fuoco, la sua fiamma non ti brucerà.
Seguirai la mia luce nella notte, sentirai la mia forza nel cammino,

io sono il tuo Dio, Signore.
Sono io che ti ho fatto e plasmato, ti ho chiamato per nome.
Io da sempre ti ho conosciuto e ti ho dato il mio amore.
Perché tu sei prezioso ai miei occhi, vali più del più grande dei tesori,

Io sarò con te dovunque andrai.

Autenticità della Sindone

Le domande che su questo argomento si pongono sono essenzialmente due:
1) La sindone è un manufatto artistico o un inspiegabile “acheiropoieta”?
2) Se “acheiropoieta”, quell’immagine è del Cristo?
Ormai la scienza ha inconfutabilmente risposto alla prima con un netto: NON E’ UN MANUFATTO! Per quanto concerne la seconda, è necessario ancora, appellarsi alla fede?
Nel 1988 ci fu un esperimento che sembrò porre la parola fine sul discorso dell’autenticità della Sindone. Infatti la sua datazione al radiocarbonio 14 stabilì che le piante di lino, con le cui fibre era stata tessuta, avevano germogliato nel medioevo tra il 1260 ed il 1390. Quindi il telo sindonico era un manufatto medioevale. Contro questa affermazione, ci fu immediatamente una motivata e dettagliata levata di scudi, da parte di tutti quegli scienziati, che per decenni avevano studiato l’antico reperto e che attraverso le più disparate metodologie erano arrivati a tutt’altra conclusione.
Ma cos’é ed in cosa consiste la datazione al radiocarbonio 14?
Sulla terra, in ogni organismo vivente è presente il Carbonio ( C ). Di questo conosciamo cinque isòtopi (isos = identico, topos = posto), cioè elementi che hanno lo stesso numero di elettroni ma una massa atomica diversa, perché composta da un egual numero di protoni ma un diverso numero di neutroni.
Gli isòtopi del Carbonio li distinguiamo attraverso cinque sigle: C10, C11, C12, C13, C14. Di questi, soltanto il C12 ed il C13 sono stabili, cioè non decadono dopo la morte dell’organismo che li contiene. Il C10, il C11 ed il C14 invece sono instabili e radioattivi. I primi due scompaiono dopo la morte del soggetto in pochi secondi o minuti, il terzo decade in tempi lunghissimi.
In pratica dimezza la sua presenza, come è stato stabilito nel 1961 dal National Bureau of Standard, in 5730 anni, più o meno 40 anni. Calcolando quindi il carbonio residuo contenuto in un organismo, è possibile stabilire la data della sua morte. In via di principio il processo appare estremamente semplice da applicare ma nella pratica il discorso è ben diverso. A parte le difficoltà tecniche, oggi brillantemente superate, rimane da stabilire quanto carbonio extra può aver assorbito un campione da esaminare, dal momento in cui è deceduto a quello della sua datazione.
Infatti, questo elemento, fondamentale per la nostra vita, può essere aggiunto ad un organismo ormai morto attraverso un numero quasi infinito di eventi. A ciò si appellano i sostenitori della assoluta inattendibilità della datazione al carbonio applicata alla Sindone.
In realtà il sacro lino, nel corso della sua esistenza, ha subito una innumerevole serie di “insulti” che con assoluta certezza hanno influito sul suo contenuto di carbonio. Basti pensare agli incendi a cui è stato sottoposto e di cui porta ancora i tangibili segni. Oppure all’anidride carbonica contenuta nel fiato delle migliaia e migliaia di persone che ne sono state a contatto. Senza tener conto del fumo delle candele e lucerne che illuminavano gli antichi ambienti durante le ostensioni. Per non parlare infine del sudore delle mani di coloro che per secoli l’hanno maneggiata senza alcuna precauzione, nonché delle micromuffe (anch’esse elementi organici contenenti carbonio) e sporcizie varie che su di essa si sono formate e depositate. Tutto ciò ha sicuramente dato un notevole apporto di carbonio al lino, “ringiovanendolo” di centinaia di anni. Perfino il premio Nobel per la fisica, prof. Willard Frank Libby, inventore della tecnica della datazione al radiocarbonio, ha definito la sacra Sindone come un reperto poco adatto al modo di datazione da lui inventato.

(Fibre sindoniche massivamente inquinate) (Funghi, pollini e spore presenti sulla Sindone)

Contatti “inquinanti” durante un’ostensione (1931)
Infine c’è da dire che tantissime furono anche le critiche e le obiezioni sul modo e sui punti in cui i campioni da datare furono prelevati. Si notò ad esempio che i pezzetti di lino sindonico, per le dimensioni che avevano, pesavano “stranamente” più del dovuto. Inoltre nessuno studioso della materia fu invitato a partecipare all’esperimento e tutto fu affidato a scienziati che della Sindone avevano soltanto sentito parlare, per loro stessa ammissione. Insomma è ormai certo, che la datazione al radiocarbonio che pone il sacro lino alla fine del Medioevo, è assolutamente inattendibile se non priva di fondamento.
Prelievo dei campioni senza precauzioni
(a mani nude)
Ricognizione dopo l’incendio del 1997
effettuato da esperti. Notare la differenza con la foto sopra (A.Guerreschi)
Ma quali sono gli elementi contrari, quelli che pongono la Sindone in un periodo storico identificabile nel I secolo d. C.? Per elencarli tutti dettagliatamente occorrerebbero diversi volumi, ci limiteremo quindi ai più essenziali.
Fra questi: l’esame merceologico sul tessuto.
Il prof. Timossi, che nel 1931 la esaminò a fondo, così tecnicamente la descrive: “una semplice levantina ad quattro disposta con una rimettitura a punta, tre sopra ed una sotto, comunemente detta a spina di pesce?”. Tradotto in parole più semplici e comprensibili, possiamo dire che si tratta di un morbido ma robusto tessuto, filato a mano, di durata praticamente illimitata se usato e soprattutto conservato con cura, prodotto con un arcaico telaio. Molto interessante è la torcitura dei fili, composti da circa 70 fibre, che presenta un andamento cosiddetto a “Z” cioè in senso orario, a differenza del metodo egizio definito ad “S” cioè antiorario. La torcitura a “Z” è riscontrata in altri manufatti tessili siro-palestinesi rinvenuti in Siria e nel deserto della Giudea. C’è poi il colore tipico del lino della Palestina, che veniva ottenuto tramite una tintura finale con papavero Eracleo.
Tessuto sindonico con rammendo medioevale

Un altro elemento fondamentale, sempre legato al tessuto, che testimonia l’antica autenticità della Sindone è l’esperimento condotto, nel corso di diversi anni, dal palinologo svizzero, nonché studioso delle microtracce, dott Max Frei. L’insigne scienziato di fama mondiale, in due eventi successivi, prelevò dal sacro telo, attraverso strisce adesive, dei campioni di polveri. Da questi campioni isolò i pollini ed attraverso un lunghissimo e pazientissimo lavoro, riuscì a stabilire a quali piante appartenevano ed i luoghi da cui provenivano. Ne nacque una vera e propria mappa, che tracciò inequivocabilmente il percorso che la Sindone ha compiuto durante la sua esistenza. La maggior parte dei pollini proveniva da piante tipiche della Palestina, ma non mancavano quelli della Turchia e per finire, in minor numero, quelli di estrazione tipicamente europea. Le spore mediorientali erano presenti in maggior numero, segno evidente che la Sindone soggiornò in quelle terre per un periodo più lungo.

Il viaggio della Sindone nella storia attraverso la lettura dei pollini
Molto interessante è la traccia iconografica.
Tantissime sono le rappresentazioni artistiche anteriori al 1200 che traggono spunto dall’impronta sindonica. La più sconcertante è quella del cosiddetto “Codice Pray” di Budapest datato 1192 – 1195. La miniatura rappresenta due momenti della vita di Cristo legati alla passione e resurrezione. Nella prima parte si vede il corpo di Gesù mentre viene cosparso di olii ed aromi. Veramente sconcertante è la rappresentazione del Salvatore, supino con le gambe distese e le mani incrociate sul pube, nella stessa identica posizione in cui si trova l’uomo della Sindone. Nella seconda parte c’è la rappresentazione del momento in cui le pie donne scoprono che Gesù è risorto. Si vede chiaramente la Sindone ripiegata con la riproduzione del tessuto a spina di pesce da un lato e dall’altro, dove evidentemente è presente l’immagine, una serie infinita di piccole croci.

Il Codice Pray di Budapest (1192 – 1195)

Ma c’è un altro particolare veramente sconcertante. La Sindone presenta otto fori di bruciatura, praticamente circolari (quattro da un lato della figura e quattro dall’altro, perfettamente speculari) dovuti ad un incendio sconosciuto, precedente a quello di Chambery, che sono dettagliatamente riprodotti anche nella miniatura.

 

In realtà prima del VI secolo, la rappresentazione del volto di Gesù avveniva nelle maniere più disparate. Spesso era effigiato come un giovanetto o un uomo adulto senza barba. E’ solo dal VI secolo in poi che gli artisti fanno riferimento ad uno stereotipo unico: l’uomo barbuto, chiaramente ispirato al volto sindonico. Sono quindi tantissime le rappresentazioni artistiche che fanno riferimento alla Sindone, precedenti la sua presunta data di nascita, espressa dalla datazione al radiocarbonio. Eccone alcune:

Mosaico del XI sec. Dafni(Grecia)
Dittico di avorio inizio VI secolo

Solidus bizantino (moneta dell’ 842 – 867)


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