Se dovrai attraversare il deserto, non temere, Io sarò con te.
Se dovrai camminare nel fuoco, la sua fiamma non ti brucerà.
Seguirai la mia luce nella notte, sentirai la mia forza nel cammino,

io sono il tuo Dio, Signore.
Sono io che ti ho fatto e plasmato, ti ho chiamato per nome.
Io da sempre ti ho conosciuto e ti ho dato il mio amore.
Perché tu sei prezioso ai miei occhi, vali più del più grande dei tesori,

Io sarò con te dovunque andrai.

Matteo il pubblicano

 Matteo raccontò egli stesso la sua vocazione, cioè la chiamata da parte del Maestro, con pochissime parole. "Gesù- egli scrisse- vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco della gabella, e gli disse: "Seguimi". Quegli si alzò e lo seguì".

Matteo era dunque un gabelliere o, come si diceva, pubblicano, esattore dei dazi e delle imposte. Era un mestiere dannato, perchè ritenuto più rapace che lecito. Rapace, perchè le tasse non erano imposte in giusta misura.

Matteo era considerato un pubblico peccatore. Ma alla chiamata di Gesù si alzò subito dal banco di esattore, a Cafarnao, e lo seguì. Non ebbe un attimo di esitazione, non si guardò indietro. Il suo vecchio nome, Levi, che vuol dire "legato", perchè lo era, legato al suo dannato mestiere, venne cambiato in Matteo che vuol dire "dono di Dio. E fu davvero un dono spontaneo, pronto, senza pentimenti e senza rimpianti, perchè Matteo seguì il Maestro fedelmente fino alla morte e alla Resurrezione, ottavo nel numero degli Apostoli.

Erano passati dodici anni dalla morte di Gesù, quando ebbe l'ispirazione di scrivere quello che aveva visto e udito dal giorno in cui, alzandosi dal suo banco, aveva seguito il figlio del falegname.
Per la sua antica professione, Matteo era uno dei pochissimi che sapesse scrivere nella sua lingua natia, cioè in aramaico, che era la lingua volgare degli Ebrei di quel tempo. Il suo Evangelo è considerato il più antico dei quattro, il più ampio e circostanziato.

San Matteo apostolo ed evangelista viene raffigurato con un angelo, perchè sembra che sia stata proprio questa presenza ad ispirare la stesura del suo libro. In analogia al suo lavoro egli protegge i banchieri i bancari,i contabili, gli esattori e i ragionieri e viene evocato per la redenzione dei peccati. Fu ucciso su un altare con un’accetta,a causa della sua opposizione al matrimonio della figlia del re Agrippa che si era convertita dal buddismo al cristianesimo.Pare che egli fosse prostrato a terra, in attesa dell’esecuzione, con una mano protesa verso un ramo di palma.

Martirio di San Matteo (Caravaggio)

Benedici quanti ti invocano

O glorioso S. Matteo, rivolgo a te la mia preghiera, fiducioso nella tua bontà che sa ascoltare tutti e tutti consolare: sii mio intercessore presso Dio. Tu che conducesti una vita esemplare, e fosti chiamato da Cristo dal banco della gabella, aiutami a vivere nella fede e nella onestà cristiana; tu che predicasti il messaggio della carità, ispira agli uomini desideri di pace e di fratellanza; tu che soccorresti anche con i miracoli i colpiti dalla sofferenza e dall'ingiustizia, aiuta i poveri e i dimenticati di questo mondo. Benedici in particolare il mio lavoro e la mia famiglia tenendo lontano i mali dell'anima e del corpo; fà che nell'ora della gioia, come in quella del dolore, rimanga sempre unito a Dio.
Amen
 
 
 

"Lettera ai fedeli" di San Francesco

"A tutti i cristiani, religiosi, chierici e laici, maschi e femmine, a tutti coloro che abitano nel mondo intero, frate Francesco, loro umile servo, ossequio rispettoso, pace vera dal cielo e sincera carità nel Signore.

Poiché sono servo di tutti, sono tenuto a servire a tutti e ad amministrare a tutti le fragranti parole del mio Signore. Per cui, considerando che non posso visitare i singoli a causa della malattia e debolezza del mio corpo, ho proposto con la presente lettera e con questo messaggio, di riferire a voi le parole del Signore nostro Gesù Cristo, che è il Verbo del Padre, e le parole dello Spirito Santo, che sono spirito e vita (Gv 6,63).

L’altissimo Padre annunciò che questo suo Verbo, così degno, così santo e così glorioso sarebbe venuto dal cielo, l’annunciò per mezzo del suo arcangelo Gabriele alla santa e gloriosa Vergine Maria, dalla quale ricevette la carne della nostra fragile umanità (Cfr. Lc 1,31). Egli, essendo ricco (2Cor 8,9) più di ogni altra cosa, volle tuttavia scegliere insieme alla sua madre beatissima la povertà. E prossimo alla sua passione, celebrò la Pasqua con i suoi discepoli, e prendendo il pane rese grazie, lo benedisse e lo spezzò dicendo: Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. E prendendo il calice disse: Questo è il mio sangue del nuovo testamento, che per voi e per molti sarà sparso in remissione dei peccati (Mt 26,26-28; Lc 22,19-20; 1Cor 11,24-25). Poi, rivolto al Padre pregò dicendo: Padre, se è possibile, passi da me questo calice. E il suo sudore divenne simile a gocce di sangue che scorre per terra (Mt 26,39; Lc 22,44). Depose tuttavia la sua volontà nella volontà del Padre dicendo: Padre, sia fatta la tua volontà, non come voglio io, ma come vuol tu (Mt 26, 39.). E la volontà del Padre fu tale che il suo figlio benedetto e glorioso, dato e nato per noi, offrisse se stesso cruentemente come sacrificio e come vittima sull’altare della croce, non per sé, per il quale tutte le cose sono state create (Gv 1,3), ma per i nostri peccati, lasciando a noi l’esempio perché ne seguiamo le orme (1Pt 2,21). E vuole che tutti siamo salvi per Lui, e che lo si riceva con cuore puro e corpo casto. Ma pochi sono coloro che lo vogliono ricevere e vogliono essere salvati da Lui, sebbene il suo giogo sia soave e il suo peso leggero (Mt 11,30)."

Dalla “Lettera ai fedeli” di San Francesco d’Assisi

Il Testamento di San Francesco

Testamento di San Francesco 1226


“Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia.
E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo.
E il Signore mi dette tale fede nelle chiese, che io così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che anche se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà.
E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come i miei signori. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue che essi ricevono ad essi soli amministrano agli altri. E voglio che questi santissimi misteri sopra tutte le altre cose siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi.
E dovunque troverò manoscritti con i nomi santissimi e le parole di lui in luoghi indecenti, voglio raccoglierli, e prego che siano raccolti e collocati in luogo decoroso.
E dobbiamo onorare e venerare tutti i teologi e coloro che amministrano le santissime parole divine, così come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita. E dopo che il Signore mi diede dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. Ed io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me la confermò.
E quelli che venivano per abbracciare questa vita, distribuivano ai poveri tutto quello che potevano avere, ed erano contenti di una sola tonaca, rappezzata dentro e fuori, del cingolo e delle brache. E non volevano avere di più.
Noi chierici dicevamo l’ufficio, conforme agli altri chierici; i laici dicevano i Pater noster; e assai volentieri ci fermavamo nelle chiese. Ed eravamo illetterati e sottomessi a tutti.
Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all’onestà. Coloro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l’esempio e tener lontano l’ozio.
Quando poi non ci fosse data la ricompensa del lavoro, ricorriamo alla mensa del Signore, chiedendo l’elemosina di porta in porta.
Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto:”Il Signore ti dia la pace! “.
Si guardino bene i frati di non accettare assolutamente chiese, povere abitazioni e quanto altro viene costruito per loro, se non fossero come si addice alla santa povertà, che abbiamo promesso nella Regola, sempre ospitandovi come forestieri e pellegrini.
Comando fermamente per obbedienza a tutti i frati che, dovunque si trovino, non osino chiedere lettera alcuna (di privilegio) nella curia romana, nè personalmente nè per interposta persona, nè per una chiesa nè per altro luogo, nè per motivo della predicazione, nè per la persecuzione dei loro corpi; ma, dovunque non saranno accolti, fuggano in altra terra a fare penitenza con la benedizione di Dio.
E fermamente voglio obbedire al ministro generale di questa fraternità e a quel guardiano che gli piacerà di assegnarmi. E così voglio essere prigioniero nelle sue mani, che io non possa andare o fare oltre l’obbedienza e la sua volontà, perché egli è mio signore.
E sebbene sia semplice e infermo, tuttavia voglio sempre avere un chierico, che mi reciti l’ufficio, così come è prescritto nella Regola.
E tutti gli altri frati siano tenuti ad obbedire allo stesso modo ai loro superiori e a recitare l’Ufficio secondo la Regola.
E quelli che siano trovati che non volessero recitare l’Ufficio secondo la Regola, o volessero in qualunque modo variarlo, o non fossero cattolica, tutti i frati, dovunque siano, per essere tenuto per obbedienza debbono presentare qualsiasi di quelli, lo dovunque lo trovino, ai custodi più prossimi di dove lo trovano. E quel custode è tenuto per obbedienza a custodirlo fermamente come un uomo in catene giorno e notte così che non possa essere strappato dalle sue mani, finché proprio lui in persona lo presenterà nelle mani del suo ministro. E quel ministro è tenuto per l’obbedienza a mandarlo per mezzo di tali frati che lo custodiscano fortemente come un uomo in catene di giorno e di notte, finché lo presentano al signore di Ostia, che è signore, protettore e correttore di tutta la fraternità.
E non dicano i frati: Questa è un’altra Regola, perché questa è un ricordo, un’ammonizione, un’esortazione e il mio testamento, che io, frate Francesco piccolino, faccio a voi, miei fratelli benedetti, perché osserviamo più cattolicamente la Regola che abbiamo promesso al Signore.
E il ministro generale e tutti gli altri ministri custodi siano tenuti, per obbedienza, a non aggiungere e a non togliere niente da queste parole.
E sempre tengano con se questo scritto assieme alla Regola. E in tutti i capitoli che fanno, quando leggono la Regola, leggano anche queste parole.
E a tutti i miei frati, chierici e laici, comando fermamente, per obbedienza, che non inseriscano spiegazioni nella Regola e in queste parole dicendo: “Così si devono intendere” ma, come il Signore mi ha dato di dire e di scrivere con semplicità e purezza la Regola e queste parole, così cercate di comprenderle con semplicità e senza commento e di osservarle con sante opere sino alla fine.
E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione dell’altissimo Padre, e in terra sia ricolmato della benedizione del suo Figlio diletto col santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i Santi. Ed io frate Francesco piccolino, vostro servo, per quel poco che io posso, confermo a voi dentro e fuori questa santissima benedizione. (Amen)”.

La Medaglia Miracolosa

La Medaglia Miracolosa è la medaglia della Madonna per eccellenza, perchè è stata voluta e ideata da Lei. 

Non voglio dilungarmi qui su come è quando è stata ideata questa medaglia. Solo un accenno per chi è all’oscuro della storia. In pratica Maria è apparsa ad una suora, Suor Caterina Labouré (in seguito dichiarata santa), in una di queste apparizioni le ha lasciato il compito di far coniare una medaglia, come quella che è riprodotta qui sopra.
Da un lato c’è l’immagine di Maria e la scritta:”O Maria concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te”, sul retro, invece, è impressa la lettera M, come Maria sormontata da una croce senza crocefisso e alla base la lettera “I”, come Iesus, Gesù. Più sotto poi ci sono due cuori, uno circondato da spine (quello di Gesù), l’altro trapassato da una spada (quello di Maria). Dodici stelle circondano il tutto.
Questa è stata la visione della Santa, che nello stesso momento sentiva una voce che le diceva:

” Fai coniare una medaglia su questo modello; tutte le persone che la porteranno, riceveranno grandi grazie specialmente portandola al collo; le grazie saranno abbondanti per le persone che la porterano con fiducia”.
Le parole di Maria sono chiare:“Le grazie saranno abbondanti per le persone che la porteranno con fiducia”. Non dobbiamo quindi considerare questo oggetto come un amuleto portafortuna, come un talismano dal quale aspettarci una magia che risolva miracolosamente i nostri problemi. Magari un genio della lampada pronto ad esaudire i nostri desideri. Il primo ingrediente necessario affinchè le grazie vengano elargite, è la nostra fede, non dobbiamo diventare idolatri, non dobbiamo pensare che il potere sia racchiuso in un ciondolo, altrimenti andiamo contro uno dei dieci comandamenti che così recita: “Non avrai altro Dio all’infuori di me…”.
La Medaglia rappresenta l’amore di Maria per noi, ma richiede a noi lo stesso amore. Vivendo in comunione con il Padre e il Figlio, vivremo in armonia e pace, affidando la nostra vita al Signore e confidando nel suo aiuto in maniera incondizionata, riceveremo innumerevoli grazie, le stesse che Maria ha promesso apparendo alla Santa Caterina. E queste grazie saranno numerose quanto più il nostro amore e la nostra fiducia saranno grandi.
Per questo, la medaglia deve essere indossata, ma nello stesso tempo dobbiamo pregare la nostra mamma, dobbiamo rivolgere a Lei la nostra attenzione e la nostra richiesta.
Chiamandola “Mamma” attireremo maggiormente la sua attenzione su di noi, invocando il suo aiuto non resterà sorda, perchè come tutte le mamme ha un cuore tanto grande da contenere l’amore per tutti i suoi figli.
Indossiamo la medaglia ma ancora di più amiamo Maria…
Per conoscere l’intera storia clicca sul seguente link “LA MEDAGLIA MIRACOLOSA

Leggi qui la supplica alla Madonna della medaglia miracolosa,  da recitarsi alle ore  17  del 27 novembre, festa della Medaglia Miracolosa, in ogni 27 del mese e in ogni urgente necessità.

Lo Scapolare dono di Maria...

Lo Scapolare donato da Maria è un segno di speciale protezione da parte della nostra mamma celeste. Ma ricordiamoci che non è un talismano, alla base di tutto c'è la fiducia e l'amore verso la mamma più bella e più buona che Dio potesse regalarci.


Quale origine ha questo prezioso dono? Il racconto è questo: nei momenti più difficili dell’insediamento carmelitano in Europa, San Simone Stock (morto nel 1265), uno dei primi priori generali dell’ordine, nelle sue preghiere chiedeva insistentemente a Maria di proteggere la comunità intitolata al suo nome con qualche privilegio. Un giorno la gloriosissima Vergine Madre di Dio gli apparve accompagnata da una moltitudine di angeli, tenendo in mano lo Scapolare dell’ordine, e gli disse:
“Questo è il privilegio che io concedo a te e a tutti i carmelitani: chiunque morirà con questo Scapolare non patirà il fuoco eterno”.

Per meglio comprendere cosa sia lo Scapolare dell’ordine dobbiamo precisare che esso fa parte della divisa di vari ordini monastici ed è costituito da due larghe bande di stoffa uguali a quelle dell’abito, che cadono sulle spalle, sul petto e sulla schiena. Lo Scapolare era quindi già da prima una parte dell’abito carmelitano, e, in base a questa tradizione, venne assunto a simbolo, come segno di particolare protezione di Maria.
Il privilegio concesso da Maria ricevette conferma sia da Papa Giovanni XXII, sia dai pontefici successivi così lo Scapolare, ridotto ad “abitino”, (vedasi foto in alto) ebbe rapida diffusione tra i fedeli riuniti in confraternite o liberamente e spiritualmente affiliati all’ordine. Ed ebbe grande influenza sulla spiritualità e sulla devozione popolare.


Preghiera di:

CONSACRAZIONE ALLA MADONNA DEL CARMINE

O Maria, Madre e decoro del Carmelo, a te con­sacro oggi la mia vita, quale piccolo tributo di gratitu­dine per le grazie che attraverso la tua intercessione ho ricevuto da Dio. Tu guardi con particolare benevolenza coloro che devotamente portano il tuo Scapolare: ti supplico perciò di sostenere la mia fragilità con le tue virtù, d'illuminare con la tua sapienza le tenebre della mia mente, e di ridestare in me la fede, la speranza e la carità, perché possa ogni giorno crescere nell'amore di Dio e nella devozione verso di te. Lo Scapolare richiami su di me lo sguardo tuo materno e la tua protezione nella lotta quotidiana, sì che possa restare fedele al Figlio tuo Gesù e a te, evi­tando il peccato e imitando le tue virtù. Desidero of­frire a Dio, per le tue mani, tutto il bene che mi riu­scirà di compiere con la tua grazia; la tua bontà mi ottenga il perdono dei peccati e una più sicura fedeltà al Signore. O Madre amabilissima, il tuo amore mi ottenga che un giorno sia concesso a me di mutare il tuo Scapolare con l'eterna veste nuziale e di abitare con te e con i Santi del Carmelo nel regno beato del Figlio tuo che vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Preghiera Semplice (San Francesco)

 
Signore, fa di me
uno strumento della Tua Pace:
Dove è odio, fa ch'io porti l'Amore,
Dove è offesa, ch'io porti il Perdono,
Dove è discordia, ch'io porti l'Unione,
Dove è dubbio, ch'io porti la Fede,
Dove è errore, ch'io porti la Verità,
Dove è disperazione, ch'io porti la Speranza,
Dove è tristezza, ch'io porti la Gioia,
Dove sono le tenebre, ch'io porti la Luce.
Maestro, fa che io non cerchi tanto
Ad esser consolato, quanto a consolare;
Ad essere compreso, quanto a comprendere;
Ad essere amato, quanto ad amare.
Poiché, così è:
Dando, che si riceve;
Perdonando, che si è perdonati;

Morendo, che si risuscita a Vita Eterna.

Il Cantico delle Creature (Cantico di Frate sole)

Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature,
spetialmente messor lo frate sole,
lo qual'è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si', mi' Signore, per sora luna e le stelle:
in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si', mi' Signore, per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato si', mi' Signore, per sor'aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si', mi' Signore, per frate focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore
et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke 'l sosterrano in pace,
ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si', mi' Signore, per sora nostra morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no 'l farrà male.
Laudate e benedicete mi' Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.

Chiara e Francesco

Francesco e Chiara sono un esempio di come un uomo ed una donna possano essere uniti nella totale purezza, lontani da ogni concupiscenza ed egoismo, totalmente uniti, perché totalmente liberi, e totalmente donati l'uno all'altro, perché totalmente offerti a Cristo ed ai fratelli.
Felice A. pubblicò uno studio approfondito del rapporto tra San Francesco e Santa Chiara (Ed. Porziuncola, Un rapporto libero). Il libro ripercorre molti episodi della vita di entrambi, facendoci comprendere questo rapporto d'amicizia così umana e profonda, di vero amore, che lascia sempre Dio al primo posto, in maniera stabile e definitiva.

Francesco e Chiara: un rapporto libero

Pur essendo espropriati di ogni cosa, Francesco e Chiara sapevano amare come nessun altro, perché amavano gli uomini e le cose con l'Amore che viene da Dio e con questo stesso Amore sapevano amare non soltanto uomini e cose, ma sapevano reciprocamente amarsi e comprendersi, per questo hanno vissuto l'uno per l'altro, ma soltanto perché entrambi hanno vissuto per Cristo, con Cristo ed in Cristo. Tra loro non c'era ombra né macchia, né v'era velo all'altrui comprensione. Il loro fu un rapporto forte, non basato sull'emozione di un momento e tale da cedere al primo vento contrario; forte ed intenso, come traspare da ciò che avvenne nei giorni che precedettero la morte di Francesco e dall'ultimo saluto che Chiara gli dette. Si tratta di una pagina struggente e drammatica, piena di lirismo nella sua tragica realtà:

I poveri

La prima volta che Francesco aveva incontrato un povero entrato nel negozio del padre a chiedere l'elemosina, l'aveva cacciato in malo modo. Aveva appena diciannove anni, era generoso fino all'incoscienza coi coetanei e gli amici. Ma un povero era un fantasma sinistro, da non guardare.
Eppure, era stato quel povero ad avvelenargli per primo l'anima con un rimorso di cui non si sarebbe più liberato. Il mendicante, quel giorno, se n'era andato senza una parola, abbassando gli occhi segnati dall'angoscia.
Era stata proprio quella rassegnazione a scatenare il rimorso di Francesco. S'era subito detto:"Se l'elemosina te l'avesse chiesta in nome d'un principe, d'un nobile o d'un ricco come te, gliel'avresti forse negata? Te l'ha chiesta in nome di Dio e tu gli hai detto di no". Il povero che poi egli sarebbe stato era già nato in lui in quel momento di rimorso. Ma presto anche il rimorso, l'angoscia e il disgusto per il proprio egoismo furono cancellati. Ogni contatto coi poveri era per Francesco un momento di felicità. Era riuscito presto a prendere alla lettera la parola di Cristo, ed era Cristo che egli identificava con ogni povero. Ed era la gioia del ricevere più che del dare che lo stava conducendo alla povertà e alla libertà totale. Era ogni giorno di più un povero volontario, felice d'esserlo in mezzo ai poveri disperati di esserlo. Non sopportò mai che a proposito d'elemosina, quand'erano lui e i frati a farla, si parlasse di "donare". Solo il verbo "restituire" era giusto.
Francesco non distingueva l'avere dal dare. Li viveva con la stessa umiltà e felicità, trovando però sempre più gioia nel dare che nel ricevere. Anche nel ricevere tuttavia viveva una gioia profonda, che i suoi compagni non sempre capivano. Dando. egli restava sempre più ricco del povero a cui dava. Ricevendo, era lui il più povero, e dunque il più vicino a Cristo.

Gli uccelli

Prima della sua conversione Francesco non aveva visto le creature che popolavano la terra. Esse passavano accanto a lui come estranee, come decoro di paesaggio. Ora invece le vedeva. E le fissava bene. Si accorgeva che anch'esse lo fissavano. Forse cercavano di comunicare con lui. Forse l'avrebbero capito. Tentò di parlare con esse.. e ci riuscì.

Un giorno Francesco stava attraversando il lago di Rieti diretto all'eremo di Greccio ed un pescatore gli fece l'omaggio di un uccellino acquatico.
Lo prese con piacere ed aprendo la mano lo invitò ad andarsene liberamente. Ma l'uccellino rifiutò e si accovacciò nella mano come in un nido. Solo dopo la sua benedizione volò via con dolcezza.

E che dirvi dell'amicizia che si stabilì tra lui ed un falco?
Durante una quaresima sul monte della Verna gli era divenuto amico un falco col quale divideva ogni giorno il proprio pane. Per sdebitarsi, il falco gli dava la sveglia ogni mattina, ma indovinava quando dovesse svegliarlo prima e quando dopo e teneva conto anche di quanto era indebolito e stanco il suo amico.

Frate Elia, mettendo in ordine nelle pochissime carte di Francesco dopo che era morto, ritrovò e rilesse con commozione la lettera che Francesco avrebbe voluto giungesse all'imperatore a tutte le autorità della terra.

Diceva:"Se potessi parlare con l'imperatore lo supplicherei e convincerei a fare, per amore di Dio e di me, una legge speciale: che nessun uomo catturi e uccida le mie sorelle allodole o faccia loro del male. E inoltre chiederei che tutti i podestà delle città e i signori dei castelli e villaggi siano obbligati ogni anno, nel giorno di Natale, a comandare alla gente di gettare grano ed altri cereali per le strade affinchè le sorelle allodole e gli altri uccelli abbiano da mangiare in un giorno tanto solenne".

Federico II non lesse mai quella lettera. Né la lessero i podestà e i signori. Ma quando Francesco spirò, le allodole si ricordarono di lui. Le amiche del sole, benchè fosse già sera, volarono tutte sulla povera capanna dei frati, a Santa Maria degli Angeli. Salutavano felici il loro amico e difensore. Anche lui finalmente aveva spiccato il volo.

Madonna Povertà

Il crocifisso di S.Damiano aveva rivelato a Francesco una cosa molto importante che cercò di non dimenticare, anzi che fu la guida costante della sua vita. La povertà non consisteva nell'aiutare i poveri, consisteva nell'essere povero. Aiutare i poveri era cosa fondamentale essendo parte ed espressione della carità ma essere povero era un'altra cosa. Gesù era stato povero. Francesco voleva essere povero. Essere povero significava non avere nulla o quasi nulla, significava non possedere ricchezze, non possedere cose, non possedere denaro, non possedere sicurezze, proprio come i poveri, proprio come Gesù.

Ed è appunto l'immagine di "Madonna Povertà", (inventata da Francesco) , l'immagine meno amabile e tuttavia la più inquietante e affascinante messa in circolazione in una società piena di poveri per forza, deserta di poveri per amore.

"Madonna Povertà" che fu la sposa di Francesco. Egli aveva contemplato nei suoi occhi il mistero della incarnazione del Verbo. "Madonna Povertà" che aveva visto nel lebbroso era la povertà del mondo intero, era la solidarietà con tutto ciò che è piccolo e debole e sofferente; era il punto più caro della misericordia di Dio.
Madonna povertà!
I suoi occhi erano perle piene di lacrime ma pieni di un mistero svelato a pochi. Il suo profumo era il profumo delle cose invisibili che ti invitano non all'eros delle cose facili ma all'agape degli eroi dello spirito. Fino allora Francesco aveva pensato che la povertà era la maledizione della terra, un errore della creazione, una specie di dimenticanza di Dio, un caos inesprimibile che ingoiava gli uomini per farli soffrire. Ora invece vedeva oltre! La maledizione non stava nella povertà, ma nella ricchezza, nella potenza, nel troppo che induriva i cuori e li avvelenava.

Certo anche tra i poveri c'erano distinzioni e difatti Francesco pensando ai poveri incontrati, cominciò a vedere che c'erano dei poveri soltanto poveri, molto tristi,sovente arrabbiati e certamente non beati. E c'erano dei poveri beati. Poveri in cui la povertà era un vestito bello. Poveri che avevano la convinzione di essere guidati da Dio, sorretti dalla sua Presenza. Poveri capaci di amare nonostante le angherie subite, pazienti nelle prove, ricchi di speranza, forti nelle avversità. Poveri che erano beati perchè ogni giorno potevano testimoniare che Dio era presente nella loro vita e che provvedeva a loro come agli uccelli del cielo che non posseggono granaio.

Questo si era interessante per Francesco, poter testimoniare a se stesso e agli altri che solo Dio gli bastava e che non doveva preoccuparsi di nulla, proprio di nulla, come " i gigli del campo che non filano e non tessono ma nemmeno Salomone è vestito come loro". Il pensiero di essere sfamato, vestito, guidato da Dio stesso lo esaltava e nessuna forza al mondo lo avrebbe convinto a cambiare idea.La scelta del povero non era una scelta sociale, politica ma una scelta mistica. Un atto d'amore gratuito, per il Vangelo.

Santa Faustina Kowalski

Santa Faustina, l’apostola della Divina Misericordia, appartiene oggi al gruppo dei santi della Chiesa più conosciuti.

Attraverso lei il Signore manda al mondo il grande messaggio della misericordia Divina e mostra un esempio di perfezione cristiana basata sulla fiducia in Dio e sull’atteggiamento misericordioso verso il prossimo.

Santa Faustina nacque il 25 agosto 1905, terza di dieci figli, da Marianna e Stanislao Kowalski, contadini del villaggio di Glogowiec (attualmente diocesi di Wloclawek). Al battesimo nella chiesa parrocchiale di lwinice Warckie le fu dato il nome di Elena. Fin dall’infanzia si distinse per l’amore, per la preghiera, per la laboriosità, per l’obbedienza e per una grande sensibilità verso la povertà umana. All’età di nove anni ricevette la Prima Comunione; fu per lei un’esperienza profonda perché ebbe subito la consapevolezza della presenza dell’Ospite Divino nella sua anima. Frequentò la scuola per appena tre anni scarsi. Ancora adolescente abbandonò la casa dei genitori e andò a servizio presso alcune famiglie benestanti di Aleksandrow, lodl e Ostrowek, per mantenersi e per aiutare i genitori.

Fin dal settimo anno di vita avvertì nella sua anima la vocazione religiosa, ma non avendo il consenso dei genitori per entrare nel convento, cercava di sopprimerla. Sollecitata poi da una visione di Cristo sofferente, partì per Varsavia dove il 10 agosto del 1925 entrò nel convento delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia. Col nome di Suor Maria Faustina trascorse in convento tredici anni in diverse case della Congregazione, soprattutto a Cracovia, Vilnius e Plock, lavorando come cuoca, giardiniera e portinaia.

All’esterno nessun segno faceva sospettare la sua vita mistica straordinariamente ricca. Svolgeva con diligenza tutti i lavori, osservava fedelmente le regole religiose, era riservata, silenziosa e nello stesso tempo piena di amore benevolo e disinteressato. La sua vita apparentemente ordinaria, monotona e grigia nascondeva in sè una profonda e straordinaria unione con Dio.

Alla base della sua spiritualità si trova il mistero della misericordia Divina che essa meditava nella parola di Dio e contemplava nella quotidianità della sua vita. La conoscenza e la contemplazione del mistero della misericordia di Dio sviluppavano in lei un atteggiamento di fiducia filiale in Dio e di misericordia verso il prossimo. Scriveva:

O mio Gesù, ognuno dei Tuoi santi rispecchia in sè‚ una delle Tue virtù; io desidero rispecchiare il Tuo Cuore compassionevole e pieno di misericordia, voglio glorificarlo. La Tua misericordia, o Gesù, sia impressa sul mio cuore e sulla mia anima come un sigillo e ciò sara il mio segno distintivo in questa e nell’altra vita (Diario, p. 418).

Santa Faustina fu una figlia fedele della Chiesa, che essa amava come Madre e come Corpo Mistico di Gesù Cristo. Consapevole del suo ruolo nella Chiesa, collaborava con la misericordia Divina nell’opera della salvezza delle anime smarrite. Rispondendo al desiderio e all’esempio di Gesù offrì la sua vita in sacrificio. La sua vita spirituale si caratterizzava inoltre nell’amore per l’Eucarestia e nella profonda devozione alla Madre di Dio della Misericordia.

Gli anni della sua vita religiosa abbondarono di grazie straordinarie: le rivelazioni, le visioni, le stigmate nascoste, la partecipazione alla passione del Signore, il dono dell’ubiquità, il dono di leggere nelle anime, il dono della profezia e il raro dono del fidanzamento e dello sposalizio mistico. Il contatto vivo con Dio, con la Madonna, con gli angeli, con i santi, con le anime del purgatorio, con tutto il mondo soprannaturale fu per lei non meno reale e concreto di quello che sperimentava con i sensi. Malgrado il dono di tante grazie straordinarie era consapevole che non sono esse a costituire l’essenza della santità. Scriveva nel “Diario”:

Né le grazie, né le rivelazioni, né le estasi, né alcun altro dono ad essa elargito la rendono perfetta, ma l’unione intima della mia anima con Dio. I doni sono soltanto un ornamento dell’anima, ma non ne costituiscono la sostanza né la perfezione. La mia santità e perfezione consiste in una stretta unione della mia volontà con la volontà di Dio (Diario p. 380).

Il Signore aveva scelto Suor Faustina come segretaria e apostola della Sua misericordia per trasmettere, mediante lei, un grande messaggio al mondo.

Nell’Antico Testamento mandai al Mio popolo i profeti con i fulmini. Oggi mando te a tutta l’umanità con la Mia misericordia. Non voglio punire l’umanità sofferente, ma desidero guarirla e stringerla al Mio Cuore misericordioso (D., p. 522).

La missione di Santa Faustina consiste in tre compiti:

  1. Avvicinare e proclamare al mondo la verità rivelata nella Sacra Scrittura sull’amore misericordioso di Dio per ogni uomo. 
  2. Implorare la misericordia Divina per tutto il mondo, soprattutto per i peccatori, tra l’altro attraverso la prassi delle nuove forme di culto della Divina Misericordia indicate da Gesù: l’immagine di Cristo con la scritta: Gesù confido in Te, la festa della Divina Misericordia nella prima domenica dopo Pasqua, la coroncina alla Divina Misericordia e la preghiera nell’ora della Misericordia (ore 15). A queste forme del culto e anche alla diffusione della devozione alla Divina Misericordia il Signore allegava grandi promesse a condizione dell’affidamento a Dio e dell’amore attivo per il prossimo.   
  3. Ispirare un movimento apostolico della Divina Misericordia con il compito di proclamare e implorare la misericordia Divina per il mondo e di aspirare alla perfezione cristiana sulla via indicata da Santa Faustina. Si tratta della via che prescrive un atteggiamento di fiducia filiale in Dio, che si esprime nell’adempimento della Sua volontà e nell’atteggiamento misericordioso verso il prossimo.


Oggi questo movimento riunisce nella Chiesa milioni di persone di tutto il mondo: congregazioni religiose, istituti secolari, sacerdoti, confraternite, associazioni, diverse comunità degli apostoli della Divina Misericordia e persone singole che intraprendono i compiti che il Signore ha trasmesso a Santa Faustina.

La missione di Santa Faustina è stata descritta nel “Diario” che essa redigeva seguendo il desiderio di Gesù e i suggerimenti dei padri confessori, annotando fedelmente tutte le parole di Gesù e rivelando il contatto della sua anima con Lui. Il Signore diceva a Faustina:

Segretaria del Mio mistero più profondo, …il tuo compito più profondo è di scrivere tutto ciò che ti faccio conoscere sulla Mia misericordia, per il bene delle anime che leggendo questi scritti proveranno un conforto interiore e saranno incoraggiate ad avvicinarsi a Me (D., p. 557).

Quest’opera infatti avvicina in modo straordinario il mistero della misericordia Divina. Il “Diario” affascina non soltanto la gente comune ma anche i ricercatori che vi scoprono una fonte supplementare per le loro ricerche teologiche. Il “Diario” è stato tradotto in varie lingue, tra cui inglese, francese, italiano, tedesco, spagnolo, portoghese, russo, ceco, slovacco e arabo.

Santa Faustina, distrutta dalla malattia e da varie sofferenze che sopportava volentieri come sacrificio per i peccatori, nella pienezza della maturità spirituale e misticamente unita a Dio, morì a Cracovia il 5 ottobre 1938 all’età di appena 33 anni. La fama della santità della sua vita crebbe insieme alla diffusione del culto della Divina Misericordia e secondo le grazie ottenute tramite la sua intercessione. Negli anni 1965-67 si svolse a Cracovia il processo informativo relativo alla sua vita e alle sue virtù e nel 1968 iniziò a Roma il processo di beatificazione che si concluse nel dicembre del 1992. Il 18 aprile del 1993, sulla piazza di San Pietro a Roma, il Santo Padre Giovanni Paolo II l’ha beatificata e il 30 aprile 2000, Anno del Gande Giubileo del 2000, l’ha canonizzata.

Le reliquie di Santa Faustina attualmente sono sparse nel mondo in varie chiese. La tomba con i pochi resti corporali sono conservati nella cappella della casa a Cracovia dove si recava a pregare. Le reliquie sono anche esposte nel Santuario della Divina Misericordia, Chiesa Santo Spirito in Sassia.

 

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San Tommaso d'Aquino... "Doctor angelicus"

Mezzobusto raffigurante San Tommaso d'Aquino
San Tommaso d'Aquino nacque a Roccasecca, (fr) forse nel 1224 (non si conosce la data precisa, questa viene desunta dalla data della morte), ed è qui che vide per la prima volta la luce e da qui mosse i primi passi verso la celebrità e verso la gloria universale. Figlio di Landolfo e Teodora Caracciolo, trascorse la prima infanzia a Roccasecca, nell'avito castello, i ruderi che si adagiano sconnessi e asimmetrici sulla verde appendice del monte Asprano, sono ancor oggi validi testimoni di quel lieto evento.

Ruderi del Castello di San Tommaso d'Aquino
 All'età di cinque anni, fu inviato a Montecassino per esservi educato; i genitori speravano forse che un giorno potesse diventare abate di quel potente monastero. Ma altra era la vita riservatagli dalla Provvidenza. Passato agli studi superiori a Napoli, entrò, contro il volere dei genitori, nel modesto ordine dei predicatori e proprio per questo i fratelli, nel tentativo di farlo recedere dalla sua decisione, lo rinchiusero nel castello di Monte San Giovanni. Infine liberato riprese la sua strada di studio che lo condusse prima a Parigi, poi a Colonia, dove ebbe per maestro Alberto Magno, e ancora a Parigi per conseguire il dottorato in Teologia, che esercitò come magister regens. Tornò poi di nuovo in patria, poi ancora a Parigi, a Napoli e infine, malato e stanco, mentre si recava a Lione chiamato da GregorioX, si fermò nell'abbazia cistercense di Fossanova, dove morì il 9 Marzo 1274. E' motivo di onore, di orgoglio e di vanto per la Ciociaria il potersi proclamare patria di quel genio sublime, di quell'illustre, dotto e santo uomo che si chiamò Tommaso d'Aquino. Egli fu una vera enciclopedia vivente, poichè accentrò in se l'intera conoscenza filosofica e teologica medioevale. Tra le sue opere ricordiamo "Summa contra Gentiles" e "Summa Theologiae", da cui Dante stesso, attinse largamente, traendone ispirazioni per il suo sacro poema.

un momento della processione di San Tommaso

E’ un vero piacere per me parlare di San Tommano d’Aquino perchè è nato nel mio paese. Non sono stata tanto fortunata da conoscerlo, ma la sua presenza silenziosa e la sua ombra è ovunque e la devozione del popolo di Roccasecca è infinita e si tramanda da secoli.
La devozione popolare nei confronti di San Tommaso trova il suo culmine nella festa annuale che si svolge il 7 Marzo, anniversario della morte dell’Angelico Dottore. Questa festa è un vero e proprio evento sociale per Roccasecca, la sua origine risale approssimativamente al XIV-XV secolo. L’evento più caratteristico è lo svolgersi della processione che segue a tutta una serie di celebrazioni liturgiche.

Il corteo attraversa gli stretti vicoli del borgo Castello per poi immettersi su corso San Tommaso e dirigersi verso Roccasecca centro. La statua di San Tommaso veste abiti dell’ordine di San Domenico, una penna nella mano destra, un libro nella mano sinistra e il sole impresso nel petto, simboli questi delle sue virtù di sapienza. Durante il tragitto la gente, ferma ai lati del percorso della processione, lancia all’indirizzo della statua fiori raccolti in cestini di vimini, un rituale omaggio al Santo. A proposito di questo rituale vorrei aggiungere una piccola nota: Una storia legata alla figura del santo.

Da quanto si narra e da quanto è stato trovato scritto in testi antichi, Tommaso era solito riempire il suo grembiule con il pane preso dalla mensa di casa, di nascosto di tutti, per portarlo ai poveri bisognosi. Il domestico accortosi di ciò andò a riferire tutto al padre. Quest’ultimo si mise allora a seguirlo e un giorno lo fermò, gli chiese dove stesse andando e cosa portasse nel grembiule e lui con molta naturalezza rispose che portava rose e fiori, per dimostrare che stava dicendo la verità allargò il grembiule e caddero a terra effettivamente rose e fiori.

Per questo motivo al suo passaggio in processione le donne e i bambini lanciano i fiori.


ruderi del Castello di S. Tommaso
Torre del Castello di San Tommaso
Statua di San Tommaso

Galleria d'immagini dedicata alla S.S. Trinità

Coroncina alla S.S. Trinità

 
“Questa Corona deve essere molto gradita al Cuore di Dio Onnipotente, perché nel recitarla più volte con le braccia aperte, davanti al Tabernacolo, ho sentito di strappare all’Onnipotenza Divina qualche cosa che non so dire, ma una forza non comune, qualche cosa del soprannaturale, sembrami tirare in me una forza tutta divina”.

Madre Carmela della Croce, Clarissa, mistica ispirata da Gesù a fondare l’Opera Piccole Vittime Alassio di Savona

Si recita con la comune corona del Rosario

Su i grani grossi, (quelli del “Padre nostro”) si recita:

San Giuseppe, amico del Cuore di Gesù, prega per noi

Sui i 9 grani piccoli si recita:

Onnipotenza del Padre, aiutaci.

Sapienza del Figlio, guidaci.

Amore dello Spirito Santo, santificaci.
Sul 10° grano piccolo si recita:

O Maria Madre del Divino Amore, prega per noi.

Consacrazione alla S.S. Trinità

Santissima Trinità, Padre Figlio e Spirito Santo,

Dio infinitamente buono e misericordioso, che hai stabilito nel nostro cuore la tua dimora, noi ti ringraziamo, ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, e tutti, prostrati dinanzi al trono della tua divina maestà, rinnoviamo oggi le promesse del santo Battesimo e ci affidiamo a te assieme ai nostri cari, perchè tu possa regnare sempre in mezzo a noi con il tuo dolcissimo regno di grazia, di pace e di amore.

Padre Celeste, principio d'ogni cosa, ti raccomandiamo tutti i Sacerdoti perchè siano forti nelle difficoltà della vita e fedeli alla loro santa missione.

Gesù, Figlio del Dio vero, ti affidiamo i cristiani, perché continuino ad essere puri e santi imitando con gioia le virtù che tu praticasti nella tua Missione redentrice.

Spirito Santo, Amore del Padre e del Figlio, ti rivolgiamo la nostra ardente supplica, perché sia sempre vivo in tutti gli uomini lo Spirito di concordia, di unità e di amore.

O Trinità amabilissima, degnati di accettare questa nostra offerta, vivi e resta in noi, benedici il nostro lavoro, guidaci con Maria, Vergine e Madre, nel sentiero della virtù, perché lodando, servendo e amando te in questa vita, possiamo compiere il tuo disegno divino, contribuire all'estensione del tuo regno nelle anime e nel mondo e goderti poi in cielo per tutta l'eternità. Gloria al Padre…

Litanie della S.S. Trinità

Kyrie eleyson

Christe eleyson

Kyrie eleyson

Cristo ascoltaci

Cristo esaudiscici

Padre del cielo che sei Dio Abbi pietà di noi

Figlio, redentore del mondo, che sei Dio Abbi pietà di noi

Novena alla S.S. Trinità

«Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26).

Eterno Padre, ti ringrazio di avermi crea­to con il tuo amore e ti prego di salvar­mi con la tua misericordia infinita per i meriti di Gesù Cristo.

Gloria al Padre

Eterno Figlio, ti ringrazio di avermi reden­to con il tuo Sangue Preziosissimo e ti prego di santificarmi con i tuoi meriti infiniti.

Gloria al Padre 

Eterno Spirito Santo, ti ringrazio di aver­mi adottato con la tua grazia divina e ti prego di perfezionarmi con la tua carità infinita.

Gloria al Padre

«Mio Dio io credo, adoro, spero e ti amo, ti chiedo perdono per coloro che non credono, non ado­rano, non sperano e non ti amano".(L'Angelo della Pace ai tre bambini di Fatima, primavera 1916)

«Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, io ti adoro profondamente e ti offro il Pre­ziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli del mondo, in riparazione degli oltraggi, dei sacrile­gi, delle indifferenze con le quali Egli è offeso e per i meriti infiniti del Cuore Sacratissimo di Gesù e per l'intercessione del Cuore Immacolato di Maria ti chiedo la conversione dei poveri pec­catori»
(L'Angelo della Pace ai tre bambini di Fatima, 1916)

Questa preghiera è da recitarsi per nove giorni consecutivi.

Inno alla S.S. Trinità

Ave o eterno sovrano, Dio vivente, che esisti dall’eternità! Giudice tremendo e giusto, Padre sempre buono e misericordioso! A te sia resa nuova ed eterna supplica, lode, onore e gloria, per mezzo della tua Figlia vestita di sole, nostra ammirabile Madre! Amen. “Tu grande Mediatrice di grazie, - “Prega per noi”!

Ave, o Uomo – Dio immolato Agnello sanguinante, Re della pace, Albero della vita, tu nostro Capo, porta di ingresso al Cuore del Padre, Figlio eterno del Dio vivente, che con Colui che è, regni in eterno! A te sia data potenza, ora e nei secoli, e gloria e grandezza, e adorazione e riparazione e lode, Per mezzo della tua immacolata Genitrice, nostra ammirabile Madre! Amen. “Tu, fedele Mediatrice di grazie, - “Prega per noi!”

Ave, o Spirito dell’Eterno, sorgente inesauribile di santità, operante in Dio dall’eternità! Torrente del fuoco dal Padre al Figlio, Uragano impetuoso, che spiri forza, luce e fuoco nelle membra del Corpo mistico! Tu eterno incendio d’amore, Spirito di Dio che operi nei viventi, tu rosso torrente di fuoco che scorri eternamente vivo nei mortali, a te sia data gloria, potenza e bellezza ora e in tutta l’eternità per mezzo della Tua Sposa coronata di stelle, nostra ammirabile Madre! Amen. “Tu, Mediatrice di tutte le grazie: “Prega per noi”.

Questo inno venne cantato il 25 giugno 1946 a Marienfried da una grande schiera angelica durante l’apparizione della Madonna.

Festa della S.S. TRINITA'


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Dal Vangelo secondo Giovanni: (Gv 16,12-15)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».


Fare memoria della Santissima Trinità per il credente significa proclamare l’amore di Dio, così come si è manifestato in Gesù Cristo: attraverso la vita, la parola e l’opera di Gesù noi accogliamo un Dio che si fa vicino all’umanità quale comunità di amore: egli si fa conoscere come Sapienza creatrice, come Parola rivelatrice, come Amore vitale.

Accogliamo nella nostra vita il mistero di Dio-Trinità per essere partecipi della Comunione del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

S.S. Trinità
“Andiamo a Dio per mezzo di Cristo, nella carità diffusa in noi dallo Spirito.”
Gloriosa Trinità, mistero imperscrutabile, Vita che genera vita, 
Verità fonte di ogni vero, Bellezza che illumina di bello, 
Bontà che impregna di sè ogni bene, Trinità che adoriamo, 
Trinità che solo possiamo ascoltare e contemplare. 
Ogni giorno ti chiediamo di fare esperienza di te,di riempirci di te, 
di lasciare che tu, che abiti in noi, ci faccia essere il profumo ed il sapore di te nel mondo, in mezzo ai fratelli che incontriamo nelle diverse situazioni della vita.

La pratica dei primi nove venerdi del mese dedicata al Sacro Cuore di Gesù

Nelle celebri rivelazioni di Paray le Monial, il Signore chiese a S. Margherita Maria Alacoque che la conoscenza e l'amore del suo Cuore si diffondessero nel mondo, come fiamma divina, per riaccendere la carità che languiva nel cuore di molti.

Una volta il Signore, mostrandole il Cuore e lamentandosi delle ingratitudini degli uomini, le chiese che in riparazione si frequentasse la Santa Comunione, specialmente nel Primo Venerdì d'ogni mese.

Spirito di amore e di riparazione, ecco l'anima di questa Comunione mensile: di amore che cerca di contraccambiare l'ineffabile amore del Cuore divino verso di noi; di riparazione per le freddezze, le ingratitudini, il disprezzo con cui gli uomini ripagano tanto amore.

Moltissime anime abbracciano questa pratica della Santa Comunione nel Primo Venerdì del mese per il fatto che, tra le promesse che Gesù fece a S. Margherita Maria, vi è quella con la quale Egli assicurava la penitenza finale (cioè la salvezza dell’anima) a chi per nove mesi consecutivi, nel Primo Venerdì, si fosse unito a Lui nella Santa Comunione.

Ma non sarebbe molto meglio deciderci per la Santa Comunione nei Primi Venerdì di tutti i mesi della nostra esistenza?

"Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna” (Gv. 6,54)

PROMESSE DI NOSTRO SIGNORE PER I DEVOTI DEL SUO SACRO CUORE

Gesù, apparendo a S. Margherita Maria Alacoque e mostrandole il suo Cuore, splendente come il sole di fulgidissima luce, fece le seguenti promesse per i suoi devoti:

1. Io darò loro tutte le grazie necessarie al loro stato

2. Metterò e conserverò la pace nelle loro famiglie

3. Li consolerò in tutte le loro pene

4. Sarò loro sicuro rifugio in vita e specialmente in punto di morte

5. Spanderò copiose benedizioni su di ogni loro impresa

6. I peccatori troveranno nel mio Cuore la sorgente e l'oceano infinito della misericordia

7. Le anime tiepide si infervoreranno

8. Le anime fervorose giungeranno in breve tempo a grande perfezione

9. La mia benedizione poserà anche sulle case dove sarà esposta ed onorata l'immagine del mio Cuore

10. Ai sacerdoti io darò la grazia di commuovere i cuori più induriti

11. Le persone che propagheranno questa devozione, avranno il loro nome scritto nel mio Cuore e non ne sarà cancellato mai.

12. A tutti quelli che, per nove mesi consecutivi, si comunicheranno al primo venerdì d'ogni mese, io prometto la grazia della perseveranza finale: essi non morranno in mia disgrazia, ma riceveranno i Santi Sacramenti (se necessari) ed il mio Cuore sarà loro sicuro asilo in quel momento estremo.

La dodicesima promessa è detta "grande", perché rivela la divina misericordia del Sacro Cuore verso l'umanità.

Queste promesse fatte da Gesù sono state autenticate dall'autorità della Chiesa, in modo che ogni cristiano può credere con sicurezza alla fedeltà del Signore che vuole tutti salvi, anche i peccatori.

CONDIZIONI

Per rendersi degni della Grande Promessa è necessario:

1. Accostarsi alla Comunione. La Comunione va fatta bene, cioè in grazia di Dio; quindi, se si è in peccato mortale, bisogna premettere la confessione.

2. Per nove mesi consecutivi. Quindi chi avesse incominciato le Comunioni e poi per dimenticanza, malattia,ecc. ne avesse tralasciata anche una sola, deve incominciare da capo.

3. Ogni primo venerdì del mese. La pia pratica si può iniziare in qualsiasi mese dell'anno.

ALCUNI DUBBI

SE, DOPO FATTI I NOVE PRIMI VENERDÌ CON LE DEBITE DISPOSIZIONI, UNO CADESSE IN PECCATO MORTALE, E POI MORISSE ALL'IMPROVVISO, COME POTREBBE SALVARSI?

Gesù ha promesso, senza eccezione alcuna, la grazia della penitenza finale a tutti coloro che avranno fatto bene la Santa Comunione nel primo venerdì di ogni mese per nove mesi consecutivi; quindi si deve credere che, nell'eccesso della sua misericordia, Gesù dia a quel peccatore moribondo, la grazia di emettere un atto di contrizione perfetta, prima di morire.

CHI FACESSE LE NOVE COMUNIONI CON L'INTENZIONE DI PROSEGUIRE POI PIÙ TRANQUILLAMENTE A PECCARE, POTREBBE SPERARE IN QUESTA GRANDE PROMESSA DEL SACRO CUORE DI GESÙ?

No di certo, anzi commetterebbe tanti sacrilegi, perché accostandosi ai Santi Sacramenti, è necessario avere la ferma risoluzione di lasciare il peccato. Un conto è il timore di tornare ad offendere Dio, e altro la malizia e l'intenzione di seguitare a peccare.

La Regola di San Francesco

 Tu sei santo, Signore Iddio unico, che fai cose stupende Tu sei forte. (preghiera di lode)

1. Nel nome del Signore incomincia la vita dei frati minori
La regola e la vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità. Frate Francesco promette obbedienza e ossequio al signor papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana. E gli altri frati siano tenuti a obbedire a frate Francesco e ai suoi successori.
 
2. Di coloro che vogliono intraprendere questa vita e come devono essere ricevuti
Se alcuni vorranno intraprendere questa vita e verranno dai nostri frati, questi li mandino dai loro ministri provinciali, ai quali soltanto e non ad altri sia concesso di ricevere i frati. I ministri poi diligentemente li esaminino intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa. E se credono tutte queste cose e le vogliono fedelmente professare e osservare fino alla fine; e non hanno moglie o, qualora l’abbiano, essa sia già entrata in monastero o abbia dato loro il permesso con l’autorità del vescovo diocesano, dopo aver fatto voto di castità; e le mogli siano di tale età che non possa nascere su di loro alcun sospetto; dicano ad essi la parola del santo Vangelo, che vadano e vendano tutto quello che hanno e procurino di darlo ai poveri. Se non potranno farlo, basta ad essi la buona volontà. E si guardino i frati e i loro ministri di essere solleciti delle loro cose temporali, affinché dispongano delle medesime liberamente secondo l’ispirazione del Signore. “Se tuttavia si chiedesse loro un consiglio, i ministri li potranno mandare da persone timorate di Dio perché con il loro aiuto diano i loro beni ai poveri.” Poi concedano loro i panni della prova, cioè due tonache senza cappuccio e il cingolo e i pantaloni e il capperone fino al cingolo, se ai ministri non sembrerà diversamente secondo Dio. “Terminato l’anno della prova siano ricevuti all’obbedienza promettendo di osservare sempre questa vita e la Regola. “E in nessun modo sarà lecito di uscire da questa Religione secondo il decreto del signor Papa; poiché, come dice il Vangelo, nessuno che pone la mano all’aratro e poi si volge indietro e atto al regno di Dio. E quelli che hanno già promesso obbedienza, abbiano una tonaca con il cappuccio e un’altra senza, coloro che la vorranno avere. E coloro che sono costretti da necessità possano portare calzature. E tutti i frati si vestano di abiti vili che possono rattoppare con sacco e altre pezze con la benedizione di Dio. I quali ammonisco ed esorto di non disprezzare e di non giudicare gli uomini che vedono vestiti di abiti molli e colorati ed usano cibi e bevande delicate, ma piuttosto ciascuno giudichi e disprezzi se stesso”.

La guida dei Santi


Francesco e il lebbroso

Amare è prendersi cura degli altri. Francesco ce lo dimostra nel modo più difficile: si prende cura dei lebbrosi. E pensare che aveva orrore dei lebbrosi. Cacciava addirittura il pensiero quando immaginava che ne avrebbe potuto incontrare uno.  E invece....lo incontrò....
E la strada era così stretta che avrebbe dovuto incrociarlo.. a meno che non fosse fuggito. Ma il ricordo del crocifisso di S. Damiano gli bloccò la fuga. rimase immobile in mezzo alla strada. Il lebbroso veniva avanti adagio, adagio, vestito di stracci. Gli tese le mani fasciate e lo fissò con  una dolcezza ed umiltà dolorosa. E fu a quel punto che qualcosa cambiò, Francesco  fece un salto ed abbracciò il lebbroso, baciandolo sulla bocca. Il lebbroso si mise a piangere e Francesco piangeva con lui. Tirò fuori tutto quello che aveva e glielo donò. Ma non era nulla in confronto a quello lui gli aveva dato.
  Di colpo  era stato come se una lente deformante fosse caduta dagli occhi di Francesco. Ora sapeva qual'era la strada  da tanto cercata invano.Essere un uomo per gli altri, a vita e senza alcuna contropartita, essere l'ultimo, ostaggio e proprietà di tutti, il minore tra i figli di Dio".
Il difficile era venuto subito dopo. Un lebbroso, Francesco si rese presto conto, era più facile baciarlo e abbracciarlo che lavarlo, medicarlo, asciugarlo, servirlo a tavola, mangiare con lui la medesima broda del lazzaretto, intingendo la mano nello stesso piatto comune, sfiorando con le proprie le dita purulente, e condurlo a passeggio fra i contadini, che al vederli abbandonavano urlando i lavori dei campi, e la gente, che in città spopolava in un istante le strade, come davanti a un mostro.
Ma, Francesco,per tutta la vita avrebbe dovuto a quel rudere d'uomo  la felicità d'aver ritrovato se stesso, il coraggio d'accettare dei compagni, in qualche modo l'origine stessa dell'ordine. Lo avrebbe scritto anche nel testamento, affinchè i frati non lo dimenticassero mai:
"Prima che il Signore mi desse dei frati, nessuno mi rivelava che cosa dovessi fare. Poi il Signore mi condusse tra i lebbrosi, usai loro misericordia, e quelli che prima mi sembravano cosa troppo amara da vedere mi cambiarono in dolcezza d'anima e di corpo"

Le preghiere di San Francesco

"Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi" (Fil 4,4).

La vera gioia viene dal Signore, e quale momento migliore per stare con Lui se non durante la preghiera?
San Francesco amava stare in luoghi solitari per poter dialogare tranquillamente con il Padre.
Cerchiamo anche noi un posto tranquillo e proviamo a parlare con Dio proprio come faceva Francesco.
Qui di seguito sono riportate alcune delle sue più belle preghiere.

COMMENTO AL «PATER NOSTER»
Lo potremmo chiamare un breve florilegio di considerazioni sulla Preghiera domenicale. Il «Padre Nostro» è sempre stato argomento di meditazione in tutti i secoli e di tutti i santi. S. Francesco ci ha lasciato questo breve scritto, che forse doveva servire da meditazione anche ai suoi Frati, specialmente ai più semplici che non avevano studiato.
Santissimo Padre nostro: Creatore, Redentore, Consolatore e Salvatore nostro.
Che sei nei cieli: negli Angeli e nei santi, illuminandoli a conoscere che tu, Signore, sei luce; infiammandoli ad amare, perché tu, Signore, sei amore inabitando in essi, pienezza della loro gioia, poiché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno, dal quale viene ogni bene, senza il quale non vi è alcun bene.
Sia santificato il tuo nome: si faccia più chiara in noi la conoscenza di te, per poter vedere l’ampiezza dei tuoi benefici, l’estensione delle tue promesse, i vertici della tua maestà, le profondità dei tuoi giudizi.
Venga il tuo regno: affinché tu regni in noi per mezzo della grazia e tu ci faccia giungere al tuo regno ove v’è di te una visione senza ombre, un amore perfetto, un’unione felice, un godimento senza fine.
Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra: affinché ti amiamo con tutto il cuore, sempre pensando a te; con tutta l’anima, sempre desiderando te; con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore. E con tutte le nostre forze, spendendo tutte le nostre energie e sensibilità dell’anima e del corpo a servizio del tuo amore e non per altro; e affinché amiamo il nostro prossimo come noi stessi, trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore, godendo dei beni altrui come dei nostri e compatendoli nei malie non recando offesa a nessuno.
Dacci il nostro pane quotidiano: il tuo diletto Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi: a ricordo e a riverente comprensione di quell’amore che ebbe per noi, e di tutto ciò che per noi disse, fece, e patì.
E. rimetti a noi i nostri debiti: per la tua ineffabile misericordia, in virtù della passione del Figlio tuo e per l’intercessione ­e i meriti della beatissima Vergine Maria e di tutti i tuoi santi.
Come noi li rimettiamo ai nostri debitori: e quello che noi non sappiamo pienamente perdonare, tu, Signore, fa che pienamente perdoniamo, sì che, per amor tuo, si possa veramente amare i nostri nemici e si possa per essi, presso di te, devotamente intercedere, e a nessuno si renda male per male, e si cerchi di giovare a tutti in te.
E non ci indurre in tentazione: nascosta o manifesta, improvvisa o insistente.
E liberaci dal male: passato, presente e futuro. Amen.
Gloria al padre, e al Figlio e allo Spirito Santo, Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.


San Francesco D'Assisi

"Era incantevole, stupendo e glorioso nella sua innocenza, nella semplicità della sua parola, nella purezza del cuore, nell'amore di Dio. (Tommaso da Celano)

La vita di San Francesco deve essere per noi un esempio. Ricco, bello, intelligente, non gli mancava proprio niente. Ma ne siamo sicuri? Viveva avvolto nella bambagia, figlio unico di un ricco mercante di stoffe…La città di Assisi era ai suoi piedi, ma ecco che un giorno tutto questo benessere diventa un peso da portare, Dio lo chiama, gli fa capire che i suoi beni e tutte le sue ricchezze saranno fonte di perdizione.
Francesco non esita, e come quasi tutti sappiamo, rinuncia a tutto.
La storia lo vede mentre dona le sue ricchezze ai poveri, le stoffe che il padre conserva nel magazzino e i denari. Tutto…rinuncia a tutto pur di seguire il Signore.
Il messaggio che ci lascia è forte: le ricchezze non servono a nulla, il potere, la gloria, la fama, sono il nulla, per salvare la nostra anima dobbiamo essere generosi, dobbiamo dimenticarci di noi stessi per guardare l’altro nostro fratello che ha bisogno d’aiuto. Solo così riscopriremo il piacere di sentirci felici.
I beni materiali sono destinati a scomparire, moriranno con noi, e non porteremo nella tomba nulla, e allora perchè vivere attaccandoci morbosamente alle “cose” e non pensiamo piuttosto di utilizzarle per il bene di tutti?
Non è certo necessario fare come Francesco, ognuno di noi ha la sua vita e la sua chiamata, è importante però che nel nostro piccolo e con le nostre forze noi ci adoperiamo per gli altri.
Seguiamo Francesco, perchè lui ha trovato la vera felicità e chissà che leggendo la sua storia anche noi possiamo scoprirla…tra le braccia del Padre.
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Riporto una piccola biografia del Santo, è di P. Pietro Rossi ofm.
INTRODUZIONE
Otto secoli or sono, ad Assisi si è svolta una delle avventure più af­fascinanti che il mondo abbia mai visto.
Un giovane di nome Francesco, ritenuto dagli amici il più fortunato perché ricco e spensierato, un giorno udì la voce di Dio che lo invi­tava a seguirlo:
“Francesco va e ripara la mia casa che va in rovina!”
Il giovane comprese che l’invito veniva dall’alto e comportava un cambiamento totale di vita: tentennò, tergiversò, ma poi accolse l’in­vito.
Rinunciò alle sue ricchezze, si vestì di sacco e andò per il mondo a pre­dicare il bene e la pace.
In vita non volle mai un ruolo importante; scelse di essere l’ultimo, il più povero tra i poveri, il servo di tutti; si accorse di avere trovato il segreto della vera felicità.
Francesco è un mistero.
Lo è stato per i suoi contemporanei e lo è ancor oggi. Di fronte al mistero occorre sostare in silenzio! Solo riflettendo ci si accorge della sua grande personalità e ci si con­vince che tutto ciò che si scrive di lui è solo un balbettio.
Tommaso da Celano, suo biografo, ha sperimentato per primo l’in­sufficienza della parola umana: “È bene che io deponga la penna!”. Ciò che mi spinge a scrivere è la ricorrenza di un evento storico: l’8° centenario dell’origine e approvazione del carisma francescano.
Fratello!
Non meravigliarti se ti chiamo così; per Francesco erano tutti fra­telli: anche tu. Forse è la prima volta che leggi qualche pagina sul Po­verello d’Assisi.
Sarà per te una scoperta!
Potrai incontrare l’amico che, forse inconsciamente, da tempo, desi­deravi conoscere: un uomo come te, eppure tanto diverso; una di­versità che è un invito, ma anche un dono di amicizia.
Fratello, hai sentito?
Francesco abbracciando il Vangelo ha trovato la libertà, ha scoperto la vera felicità.
È quello che auguro anche a te, caro fratello. ­
Sono pienamente consapevole che ormai nulla di nuovo si può scri­vere su questo grande santo.
Colgo la ricorrenza centenaria della fondazione dell’ Ordine Serafico per avvicinarlo.
Mi sono proposto di studiare le Fonti francescane per scoprire il “vero” Francesco, tutto l’uomo, l’uomo santo: quello posseduto da Cristo per donarlo agli amici perché lo conoscano e lo amino.
Lo farò con stile semplice e limpido, molto francescano.
Se riuscirò a raggiungere, in qualche modo questo scopo, mi sentirò sufficientemente ripagato della modesta fatica compiuta.
P Pietro Rossi


S. Antonio di Padova

Sant'Antonio è il santo più noto e amato nel mondo. Milioni di pellegrini e devoti, da tutto il mondo, visitano ogni anno la sua Basilica a Padova. Non vi è chiesa al mondo che non abbia un altare, un dipinto, una statua, un affresco, una nicchia dedicati a sant'Antonio. Per non parlare poi delle piccole statue e dei santini presenti nelle abitazioni. 

 Ho trovato questa biografia di Sant’Antonio è stata scritta da P. Pietro Rossi francescano, mi è sembrata esaustiva e voglio riproporvela per illustrarvi la vita del Santo.
PRESENTAZIONE
Carissimo,
questo libretto è stato scritto per te, giovane o adulto che tu sia. Forse è la prima volta che leggi qualche pagina su S. Antonio. Sarà per te una scoperta. Ti viene offerta l’occasione di conoscere il Santo di Padova: sarà l’ami­co sincero che da tempo, forse inconsciamente, deside­ravi conoscere. Sappi che la devozione a S. Antonio è diffusa non solo tra i cattolici, ma è viva anche tra i non cristiani, perfino tra i musulmani, che sono i più restii verso le altre religioni. Non di rado mi capita di vedere entrare nella mia chiesa qualche musulmano, dirigersi alla statua di S. Antonio e prostrarsi in preghiera. C’è stato chi è ri­tornato dopo qualche giorno, per informarmi di avere ricevuto la grazia richiesta. Fratello, ho cercato di proporti la vita del Santo con semplicità di linguaggio attenendomi fedelmente alle fonti sicure della storia e della tradizione, perché la sua figura risaltasse viva e palpitante. Mi auguro che queste pagine ti aiutino a scoprire l’ideale e l’anima del «tuo» Santo. Se riuscirò a rag­giungere in qualche modo questo scopo, mi sentirò suf­ficientemente ripagato della modesta fatica compiuta.

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