Se dovrai attraversare il deserto, non temere, Io sarò con te.
Se dovrai camminare nel fuoco, la sua fiamma non ti brucerà.
Seguirai la mia luce nella notte, sentirai la mia forza nel cammino,

io sono il tuo Dio, Signore.
Sono io che ti ho fatto e plasmato, ti ho chiamato per nome.
Io da sempre ti ho conosciuto e ti ho dato il mio amore.
Perché tu sei prezioso ai miei occhi, vali più del più grande dei tesori,

Io sarò con te dovunque andrai.

Un cammino spirituale: La Trasfigurazione



 Terzo incontro
Verso Gerusalemme
Terzo monte: la Trasfigurazione

Cammino spirituale per giovani

Il monte della trasfigurazione illumina un’ampia parte della sezione del vangelo di Matteo che presenta l’ultima parte della salita di Gesù verso Gerusalemme
Come spesso accade, nel modo di raccontare della Bibbia, l’inizio di una sezione è legato con la fine dell’altra. Infatti, è proprio nel racconto del rimprovero di Gesù a Pietro del cap. 16, che Matteo introduce questo nuovo cammino.

Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno (Mt 16,21).

Questa breve frase apre una nuova fase dell’esperienza di Gesù con i suoi discepoli: d’ora in poi al centro del suo insegnamento sarà la preoccupazione di prepararli a superare lo scandalo della croce e a comprendere il mistero della resurrezione. È una sezione di vangelo fondamentale anche per noi: il cuore della nostra fede infatti è proprio il mistero pasquale, mistero di morte e di risurrezione, di sconfitta e di vittoria, di luce e di tenebre. Perché allora il Signore non ha cominciato prima a parlare di questo ai suoi? Probabilmente all’inizio dell’annuncio del Vangelo una rivelazione di questo genere avrebbe smarrito i discepoli, avrebbe impedito loro di capire chi era veramente Gesù.
Ora invece i Dodici hanno visto Gesù, lo hanno ascoltato, sono rimasti affascinati dalle sue parole, hanno seguito con attenzione i suoi gesti e hanno visto il suo potere. Ormai sono legati a Gesù profondamente. San Giovanni lo mostra con una bellissima frase che mette in bocca a Pietro:

“Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68)

A questo punto, proprio perché essi si fidano di Lui, Gesù può cominciare a parlare di croce, di sofferenza. È un discorso difficile da capire, soprattutto da accettare: è possibile accettarlo solo se uno ha una fiducia immensa in Gesù, se uno è legato da un rapporto vero di amicizia con Lui. È quello che verrà chiesto anche a noi per meditare d’ora in poi sul vangelo e sul suo messaggio. La professione di fede di Pietro è la condizione perché Gesù possa cominciare a parlare della passione.

Dove andare

La salita al monte della trasfigurazione si apre dunque con questo annuncio e la sua apparente assurdità. Che la passione di Gesù sia frutto di un complotto, che il male abbia dei colpevoli che proditoriamente lo compiono, tutto questo si può capire, ma che senso può avere la frase di Gesù? Che senso può avere questa “necessità” di andare a soffrire e morire?
Pietro che si oppone a questo, ha certo tutta la nostra comprensione. Ma non ha la comprensione di Gesù, anzi sembra che improvvisamente il Signore abbia perso tutta la sua proverbiale pazienza nei confronti dei discepoli, e di Pietro in modo speciale. Matteo racconta la cosa giocando un po’ sui gesti e sulle parole.

        Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo:”Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai”. Ma egli, voltandosi, disse a Pietro:”Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”. (Mt 16, 22-23)

Poco prima Gesù aveva definito Pietro come la pietra di fondamento, l’appoggio solido da cui iniziare per costruire la sua Chiesa. E subito era partito per questa impresa cominciando ad annunciare la sua passione e risurrezione. Si trattava di camminare subito verso Gerusalemme, verso questo incontro-scontro. Ma ecco che Pietro cambia ruolo, da pietra di fondamento diventa scandalo, cioè pietra d’inciampo ed allora giustamente Gesù dice:"Vattene dietro a me!”.
Lo scansa perché non ostacoli il suoi cammino verso il compimento del piano del Padre. Pietro vorrebbe impedire il cammino di Cristo verso la croce, ma così facendo impedisce anche la risurrezione e la salvezza!
Pietro è l’uomo che vuol tracciare la via a Dio secondo i suoi gusti, nella direzione del successo e del potere e soprattutto in direzione opposta all’umiliazione e alla morte.
Gesù non accetta questa ipocrisia, la morte fa parte della nostra condizione umana sulla terra ferita dal peccato e lui è venuto a farsi carico della nostra vita in ogni suo aspetto: anche la morte.
Dunque Gesù morirà, morirà come muore ogni uomo, perché si è fatto uomo sul serio e non per gioco.
Il primo senso di questo dover andare a Gerusalemme, è scritto nella scelta di Gesù di condividere la nostra vita fino in fondo.

Nella tua vita…
La nostra società ha tanta paura della morte da non volerne parlare mai, ma non è facendo finta che non esista la sofferenza ed il male che noi potremo sconfiggerli.
Gesù ci invita a prendere sul serio la nostra condizione umana in ogni aspetto.

Nella sua avventura umana, profondamente umana, Gesù ha vissuto fino ad ora il momento dell’impegno, dell’azione, del successo e del potere.
Basta guardare indietro verso gli inizi del vangelo e fino a questo momento. Gesù è arrivato a mostrare così chiaramente la Sua potenza che i discepoli lo hanno riconosciuto come Messia, il Salvatore, il Redentore.
Ora Gesù può cominciare a salvare radicalmente l’uomo, può iniziare ad affrontare il male alla radice, può cominciare a cancellare il buio e la morte dalla nostra vita. Ecco il cammino che lo attende, il cammino che il Padre ha tracciato per lui, ma Gesù comincia a dire ai suoi discepoli che questo cammino non è un cammino trionfale. Non è venuto a vincere il male dall’alto del carro del suo potere divino, ma dal nostro livello. Gesù combatte la sua battaglia da uomo, iniziando a camminare verso la croce. Nella vita dell’uomo vero, nella nostra vita c’è infatti accanto al momento della forza e della gloria, anche il momento della debolezza e della passione. Anche questo è un momento prezioso, perché anche così si fa la volontà di Dio. Gesù deve conoscere questa esperienza della passione e della sofferenza. Deve vivere anche in questo angolo così oscuro della realtà umana il suo amore al Padre, perché tutta la vita umana sia salvata e redenta, perché la Sua umanità sia piena. Perché nessun uomo sulla terra possa sentirlo lontano dalla sua condizione presente, sia essa di forza, o di tremenda debolezza e tenebra.
Ma c’è di più: l’amore umano espresso nella sofferenza e al di là della sofferenza, ha una tale purezza e una tale forza, che è l’amore più vero, più potente, più fecondo. L’amore vero e fecondo è l’amore che sa anche soffrire.

La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo. (Gv 16,21)

Per questo secondo motivo Gesù doveva salire a Gerusalemme, perché il suo amore per il Padre e per noi fosse vissuto al massimo, a quel livello di purezza assoluta che raggiunge l’amore quando è capace di soffrire.

Nessuno ha un amore più grande di questo:
dare la vita per i propri amici. (Gv 15,13)

È a questo livello di purezza e intensità che l’amore genera la vita, perché solo così l’amore è tanto gratuito da assomigliare a quello del Creatore, tanto lontano dall’egoismo da diventare dono, dono di vita.

Nella tua vita…
L’amore che non costa sacrificio è in definitiva un egoismo camuffato.
Quanto è vero e profondo il tuo amore per Dio e per i fratelli?
Quanto è capace di affrontare anche la fatica e la sofferenza?

La passione di Gesù dipende certo dalla cattiveria, dall’invidia degli uomini, dall’odio e dalla menzogna del Sinedrio, dalla vigliaccheria di Pilato, ma per Gesù, la passione realizzerà il progetto di Dio.
Anche quando gli uomini usano la loro invidia e violenza, anche lì la nostra vita rimane nelle mani del Padre e l’amore offerto diventa fecondo, diventa amore che salva.
Amore che passa dalla morte ad una nuova vita. È una legge misteriosa scritta da sempre nell’universo attorno a noi.
Se Gesù comincia solo da ora a parlare di morte e risurrezione, Dio Padre ha cominciato a spiegare questo mistero fin dalla creazione del mondo, o meglio fin da quando il mondo, segnato dal peccato, ha scoperto le doglie del parto, ha scoperto che nessuna nascita giunge senza che qualcuno affronti la sofferenza e la fatica per amore, senza che si accetti di morire per dare la vita. Ogni cosa nell'universo, dalle più piccole alle più grandi, sottostà a questa legge misteriosa che potremmo chiamare la legge della pasqua: non c'è nuova vita se qualcuno o qualcosa non è stato capace di morire un po', di offrire la propria vita.

Se il chicco di grano caduto a terra non muore,
rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. (Gv 12,2)

Gesù compie il suo cammino di sofferenza, non per il desiderio della morte, dell’annientamento, ma per il desiderio della vita.
Questo è il terzo grande tema dell’annuncio della passione. Se Gesù si fermasse in questo cammino, come voleva Pietro, non solo non si sarebbe realizzata la croce, ma soprattutto non sarebbe giunta la risurrezione!
In tutti e tre gli annunci passione e risurrezione sono inscindibilmente unite! Gesù è venuto a vivere e donare la vita, questo passa attraverso la croce, la vita passa attraverso la morte, una morte che non è più definitiva, che ha dopo di sé un futuro.
Dopo un tempo di separazione c’è una vittoria piena e definitiva della morte. Ci sono i tre giorni del sepolcro che sono i giorni del vuoto, del buio, ma sono radicalmente provvisori: il terzo giorno, il Figlio dell’uomo deve risuscitare.
A Pietro e agli altri, che sono giustamente sconvolti da questa prospettiva misteriosa, Gesù annuncia con forza la logica apparentemente assurda della croce. Richiede che abbandonino il loro consueto modo di pensare per lasciarsi guidare da Lui ad un dono totale che diventerà via di salvezza.

Allora Gesù disse ai suoi discepoli:”Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. (Mt 16,24-25)

Anche la sofferenza e la morte prendono senso perché ricevono una prospettiva positiva: dopo aver perso la vita per amore, non c’è il nulla, ma c’è la pienezza di vita, c’è la risurrezione.

Nella tua vita...
La logica della risurrezione deve compenetrare tutta la nostra vita.
Sei capace di vedere e testimoniare la sofferenza e la morte in una prospettiva positiva, di pienezza di vita futura?


Sei giorni dopo...

In questo clima di luce e di speranza oltre la morte, Matteo ci porta di nuovo sulla cima di un monte. Un alto molte questa volta, ed in compagnia di Pietro, Giacomo e Giovanni. Sono i tre che Gesù sceglie quando deve rivelare qualcosa di particolare, quando il mistero che vuol far conoscere è impegnativo e non tutti possono subito comprenderlo. Questo ci deve mettere sull'avviso: il messaggio che il vangelo ci comunica richiederà tutta la nostra attenzione per poterlo comprendere.

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo». All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: «Alzatevi e non temete». Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti». (Mt 17, 1-9)

Per capire questo testo è necessario fare attenzione ai molti simboli che Matteo usa, a cominciare da quella strana indicazione iniziale: sei giorni prima.

Nella bibbia questa indicazione di tempo, assieme a molti altri elementi della narrazione rimandano al monte Sinai, quando Dio stabilì la sua alleanza con il suo popolo. Infatti sei giorni sono il tempo in cui la gloria del Signore, in forma di nube luminosa, dimorò sul monte (Es 24,16). Inoltre il grande protagonista di quell'incontro era stato Mosè il cui volto divenne per qualche tempo luminoso (Es 34,29). Sullo stesso monte, molti secoli dopo, verrà Elia ad incontrare il Signore (1 Re 19). Non ultimo questi due personaggi, Mosè ed Elia, sono accomunati da una sorte misteriosa, perché segnata da una prospettiva eterna (Dt 34 e 2 Re 2). Come si può vedere, ci sono tutti gli elementi della trasfigurazione.

Lo sfondo per comprendere questo brano ed il suo messaggio per noi è dunque la rivelazione di Dio al monte Sinai.
In quel momento era cominciato a nascere il popolo dell’antica alleanza; Dio aveva dato una grande prospettiva alle promesse fatte ai patriarchi. Anche nella trasfigurazione c’è una grande prospettiva: se Gesù ha invitato subito prima i discepoli a guardare ciascuno alla propria croce, ora li guida a scoprire il senso della vita nuova che è venuto a portarci.
È una nuova vita che viene annunciata, e grazie ad essa è proclamato l’inizio di un nuovo popolo: il popolo della Nuova Alleanza che la Pasqua di Gesù verrà a sancire. Questo passaggio del vangelo, il momento della trasfigurazione, non è dunque semplicemente un fatto privato, un colloquio intimo tra Gesù e alcuni apostoli per rincuorarli in vista della passione. Se certo immediatamente e storicamente ha avuto questa prima funzione, la sua prospettiva era però più ampia. Su quel monte inizia la rivelazione della vita nuova dei salvati ed il cammino della comunità della nuova alleanza, quella Chiesa che poco prima Gesù stesso aveva promesso di fondare sulla roccia della fede di Pietro e sulla disponibilità dei discepoli a portare ciascuno la propria croce.

Scopriamo il Vangelo…
Il riferimento all’AT è frequente nel Vangelo. Soprattutto è frequente l’utilizzo di immagini che erano ormai classiche nel mondo biblico. Nelle note di una buona edizione dei vangeli potrai sempre trovare indicazioni preziose al riguardo; leggile. Non si tratta di avere manie intellettuali, ma di avere l’umiltà di lasciarsi aiutare.

Se leggiamo così il brano della trasfigurazione non c’è quindi alcuna meraviglia nello scoprire che per la Chiesa orientale la festa della Trasfigurazione, che si celebra il 6 agosto, abbia una importanza grandissima. I nostri fratelli orientali esprimono così la loro sensibilità per la rilevanza simbolica di questo avvenimento narrato dai vangeli.
Nella tradizione orientale è infatti considerata la Pasqua dell’estate: il passaggio dal popolo dell’Antica a quello della Nuova Alleanza. Nella trasfigurazione sul monte, Geù si manifesta ai suoi discepoli in tutto lo splendore della vita divina che è in Lui. Una vita che è venuto a comunicarci e che in questo brano viene annunciata. Questo splendore è solo anticipo di quello che lo avvolgerà nella notte di Pasqua e che comunicherà a noi rendendoci figli di Dio.
La trasfigurazione è dunque l’annuncio della vita divina che Gesù possiede e che ogni Cristiano riceve da Lui nella potenza dello Spirito Santo.
La spiritualità cristiana, partendo da questo brano, ha compreso la vita del credente come un processo di lenta trasformazione in Cristo, Cristo glorioso che si compirà nella risurrezione finale. Un modo di leggere questo brano di vangelo è dunque di vedervi un annuncio della risurrezione e della gloria che ci circonderà. Gesù trasfigurato e Gesù risorto sono le immagini di come saremo anche noi nella risurrezione finale. Ma è possibile distinguere queste due immagini, scoprire che se Gesù trasfigurato annuncia Gesù risorto, parla però anche di una condizione diversa, di una gloria che precede la risurrezione finale, che fa gia parte di questo mondo in cammino verso la risurrezione.
Questa immagine ci interessa in modo particolare, perché non parla solo del nostro futuro, ma anche del nostro presente.
Infatti il brano della trasfigurazione, così ricco di simboli che rimandano all’AT, non parla soltanto del futuro, della vita dopo la risurrezione finale, ma anche del presente, del nostro oggi, della nostra vita di figli di Dio nella comunità della nuova alleanza, la Chiesa.
La trasfigurazione è una visione nel senso più vero del termine. I discepoli non subiscono una allucinazione, non si tratta di una costruzione simbolica della loro fantasia, ne di un annuncio profetico di una condizione futura. Essi “vedono” ciò che già prima c’era, ma non erano capaci di vedere. Gesù si mostra loro per quello che è e li rende così capaci di vedere l’invisibile. Un invisibile che lo riguarda e ci riguarda al tempo stesso.

Vedere l’invisibile…

Se apriamo gli occhi della fede sull’invisibile che è reale e presente, la trasfigurazione ci consegna innanzitutto un messaggio che riguarda Gesù. Il grande messaggio della trasfigurazione per il presente è che nella nostra vita non manca la luminosa presenza di Cristo, siamo solo noi che spesso abbiamo occhi incapaci di riconoscerLo. Anche noi come gli apostoli vediamo la sua vita umana e non siamo capaci di intravedere la vita divina in Lui. Dio è presente in mezzo a noi in Cristo, ma i nostri occhi, come quelli dei discepoli, sono spesso incapaci di riconoscerlo. Questa condizione non era solo tipica della via dei discepoli prima della risurrezione di Gesù, ma anche dopo, quando appare il Signore glorioso, il risorto, la loro vista resta spesso debole e offuscata nei confronti della sua presenza.

Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. (Lc 24, 13-16)

Ancora oggi abbiamo bisogno che Dio apra i nostri occhi perché diventiamo capaci di riconoscerLo presente nella nostra vita: è il dono della fede.
Per questo diventa chiaro il collegamento che Matteo fa tra la trasfigurazione e il Sinai. Al Sinai Israele aveva conosciuto il Signore e aveva imparato a riconoscere la sua presenza nella nube luminosa e nel santuario, ma soprattutto nella sua Legge, nella sua Parola. Il vangelo ci invita a rifare l’esperienza di Israele, ma con alcune significative correzioni, che Matteo esprime attraverso i simboli a cui abbiamo accennato. Il primo simbolo è quello della tenda ed il povero Pietro si trova a fare l'ennesima figuraccia. Dopo aver scoperto la bellezza del riconoscere la presenza di Dio in Gesù, e attraverso Lui nella nostra vita, Pietro non vorrebbe più andarsene, vorrebbe assicurare quella presenza per sempre. Se nell'AT una tenda, e poi un tempio, contenevano la misteriosa e concreta presenza di Dio in mezzo al suo popolo, allora è necessario fare una nuova tenda, anzi tre!

Nella tua vita…
Il desiderio di Pietro di assicurare per sempre la presenza luminosa di Dio nella sua vita può apparire infantile, ma è la misura della vera fede. Se non desideriamo ad ogni costo di sperimentare sempre la vicinanza di Dio, la nostra fede ed il nostro amore per Lui sono ancora molto deboli.

Non è necessario che questa volta Gesù intervenga a correggere Pietro che vuol fare un nuovo tempio, una nuova tenda per tenere Dio per sempre con sé. Se leggiamo il testo con attenzione alla simbologia dell’AT, la risposta al desiderio di Pietro arriva subito e direttamente da Dio. Nell’Esodo infatti Dio mostrava di essere presente nella tenda quando la nube luminosa la copriva. Ora, sul monte della trasfigurazione, la nube scende direttamente sugli apostoli. Non servono più tende o templi, non servono santuari costruiti da mani di uomo; il santuario che il Signore ha scelto è il cuore di ogni discepolo.

In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro». (Mt 18,19-20)

Dio è sempre presente in mezzo a noi, se apriamo gli occhi della fede possiamo riconoscerlo. È l’esperienza spirituale da cui nasce la conversione di S. Agostino: aveva cercato lungamente Dio intorno a sé, ma non riuscì a scoprirlo finché non lo cercò in sé, nell'intimo del suo cuore, da dove sgorgava quella pienezza di vita che Dio dona ad ogni suo figlio. L'illuminante confronto con l'AT non si ferma qui, ma ci offre altre ricchezze. Israele al Sinai aveva sperimentato la presenza di Dio nella sua Parola. Ora gli apostoli vedono Gesù tra Mosè ed Elia. Questi due personaggi rappresentano da sempre l'Antico Testamento nella sua interezza: dalle tradizioni storiche raccolte da Mosè a quelle profetiche iniziate con Elia. Il Signore lo si incontra dunque presente nella sua Parola dell'AT. È questa lettura che apre gli occhi della fede e rende capaci di vedere l'invisibile. La trasfigurazione è dunque un invito ad aprire le antiche Scritture per incontrare il Signore. C'è però di più. Pietro stesso, molti anni dopo in una sua lettera, ricordando questo momento ci fa da guida ad approfondire il mistero.

Non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli ricevette infatti onore e gloria da Dio Padre quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto». Questa voce noi l'abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte. E così abbiamo conferma migliore della parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l'attenzione, come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori. (2Pt 1, 16-19)

Pietro ci offre una testimonianza di prima mano sulla trasfigurazione e soprattutto ci rivela che cosa ha significato per lui questa esperienza. Innanzitutto vedere Gesù in mezzo ai profeti Mosè ed Elia gli ha insegnato a riconoscere nelle Scritture di Israele una guida preziosa, una lampada che brilla in un luogo oscuro e che rende capaci di vedere l’invisibile. Noi cristiani però abbiamo una conferma migliore della parola dei profeti, abbiamo la parola diretta di Dio testimoniata dagli apostoli e dagli evangelisti. Non dobbiamo guardare soltanto alle passate Scritture di Israele, ma altrettanto e soprattutto alla parola della predicazione apostolica, al Vangelo, dove la Parola del Padre in Cristo risplende in tutta la sua pienezza. In questa parola pronunciata dal Padre e che Pietro ricorda nuovamente, è mirabilmente sintetizzato l’insegnamento della Chiesa, che guarda al Vangelo come alla parola del Figlio prediletto, che il Padre ci invita ad ascoltare.

“Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo!”

Riecheggia non solo la voce del battesimo di Gesù (Mt 3, 17) ma le sue stesse parole. Dio Padre ripete per due volte la stessa proclamazione solenne, aggiungendo solo un’esortazione: Ascoltatelo!
In esse è la sintesi del messaggio evangelico, con ogni evidenza queste parole, secondo Matteo, rappresentano tutto il Nuovo Testamento come Mosè ed Elia rappresentano l’antico. Meritano per questo di essere scrutate con attenzione.

Nella tua vita…
Tutta la Bibbia ha una grandissima importanza per educare e rafforzare la fede, per renderci capaci di contemplare il mistero di Dio, ma le parole del Vangelo hanno una dignità tutta propria.
Quanto ami il Vangelo? Quanto tempo dedichi alla sua lettura, alla preghiera guidata dalle sue parole?


Il figlio prediletto…

In queste poche parole ci viene rivelato dal Padre tutto il mistero di Gesù. In una mirabile sintesi abbiamo la chiave per capire tutta la passione e risurrezione che seguiranno. Il Padre ricollega così alla luce della trasfigurazione, il buio misterioso della croce.
Riecheggiano bellissimi brani dell’AT che parlano del Messia, del Salvatore.
Questi è il mio figlio” dice la voce rifacendosi al Salmo secondo, nel quale così viene proclamato il Messia, il re che salverà definitivamente il suo popolo instaurando il regno di Dio:

  Annunzierò il decreto del Signore.
Egli mi ha detto:Tu sei mio figlio (Sal 2,7)
Il prediletto”, continua il Padre.
Riconoscendo in Gesù il nuovo Isacco, il figlio prediletto per eccellenza, che Abramo non aveva però esitato a porre sull’altare come sacrificio. Dio Padre, come un nuovo Abramo, porrà il Figlio sull’altare della croce e questa volta il sacrificio si compirà fino in fondo.

Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, và nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». (Gn 22, 1-2)

Nel quale mi sono compiaciuto” conclude la voce celeste, rimandando ad un terzo momento chiave della rivelazione biblica, quello profetico.
Israele intravede profeticamente la figura del Servo del Signore, il Salvatore che porterà a tutti la salvezza attraverso il suo sacrificio e il dono dello Spirito.

Dice il Signore:”Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui
mi sono compiaciuto. Ho posto il mio Spirito su di lui”. (Is 42,1)

Non dovremo dunque meravigliarci se Matteo ci farà leggere tutta la passione alla luce di queste tre grani immagini dell’AT: il Messia re, il nuovo Isacco, il Servo sofferente di Isaia.
In Gesù trova compimento la rivelazione dell’AT e per bocca stessa del Padre si compie quella del Vangelo. Perché stupirsi che la Voce concluda con una esortazione che è piuttosto un ordine, un imperativo per quanti vogliono ricevere la salvezza:

Ascoltatelo!

Nella trasfigurazione viene offerta una luce chiara che comincia ad illuminare il mistero che seguirà. Gesù non è posto al centro di un quadro, ma tutto erompe da Lui. È una rivelazione del suo essere. In essa si manifesta ciò che è in Lui: quell'elemento vitale superiore ad ogni forma di vita che Egli possiede come dono del Padre. Un arco di luce che lo lega la Padre, non distruggendo, ma esaltando la sua umanità perfetta. Quella pienezza di vita che è la vita divina che possiede come Figlio prediletto e che è venuto a portare a quanti accettano di diventare, grazie a Lui, Figli del Padre celeste.

Scopriamo il Vangelo…
Nella nostra lettura siamo spessissimo passati a parlare da Gesù a noi e viceversa. Il vangelo infatti mentre parla di Gesù e del suo mistero di Figlio prediletto, annuncia anche qual è il nostro destino di figli adottivi, chiamati a diventare simile a Lui. Questa duplice lettura è basilare nella nostra riflessione credente sul Vangelo.

Figli nel Figlio…

Nella trasfigurazione traspare quel mistero di pienezza di vita che Gesù possiede, una pienezza di vita determinata dal suo legame col Padre, la fonte della vita.
Questo è il mistero di Gesù. In ogni uomo, in realtà c’è un mistero: quel che vediamo con gli occhi della carne è sempre e solo la superficie. Bisogna imparare a cogliere la profondità dell’uomo con gli occhi della fede. E sono questi occhi a scoprire che anche la nostra vita vive un’eguale comunione con Dio, la fonte della vita. Anche noi siamo figli e come tali “prediletti” dal padre.

Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. (Gal 3, 26-27)

Ma il nostro volto non risplende…
La vita divina che il Padre ci comunica trova in noi l’ostacolo del peccato. Dio comunica attraverso il suo Spirito questa pienezza di vita, ma il peccato interrompe la comunicazione; noi viviamo una vita dimezzata.
La trasfigurazione ci rivela in Gesù ciò che noi possiamo essere, ciò che siamo chiamati ad essere se ci manteniamo uniti a Dio, la fonte della vita. Alla fine saremo anche noi luminosi, anche noi avremo una pienezza di vita come Gesù. Anche il nostro volto risplenderà e udremo la voce del Padre che si compiacerà di noi. Ma il cammino è ancora lungo e impegnativo, tutto il percorso che i discepoli faranno fino alla Pasqua non è altro che un’immagine del cammino che l’umanità deve ancora percorrere per raggiungere la pienezza della salvezza. Basta discendere dal monte della trasfigurazione per rendersene immediatamente conto: ci sono altri discepoli alle prese con una guarigione che non riescono ad ottenere. Giunge Gesù ed il malato è immediatamente risanato.
Perché, Signore, non abbiamo potuto curarlo? Perché la nostra vita è così debole ed oscura, il nostro volto non è luminoso come il tuo, non siamo ancora capaci di annunciare la risurrezione, anzi, neppure comprenderla?
La risposta è sempre la stessa, semplice e diretta, la risposta che spiega perché non accogliamo la pienezza di vita che il Padre ci dona e non lasciamo che traspaia al di fuori di noi. Perché nonostante il ripetuto annuncio che Gesù ci fa del nostro essere figli del Padre (Mt 17, 24-27) questa figliolanza non porta a piena maturazione i suoi frutti.

E Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatemelo qui». E Gesù gli parlò minacciosamente, e il demonio uscì da lui e da quel momento il ragazzo fu guarito.
Allora i discepoli, accostatisi a Gesù in disparte, gli chiesero: «Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?». Ed egli rispose: «Per la vostra poca fede. In verità vi dico: se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile. (Mt 17, 17-21)

Il rimprovero di Gesù non ferma però il suo impegno di condurci alla pienezza della figliolanza divina. Per questo il Vangelo di Matteo rimette in marcia Gesù verso Gerusalemme e questo cammino comincia con quello che viene tradizionalmente definito il Discorso Ecclesiastico.
Il capitolo 18 infatti presenta un lungo discorso che continua con qualche intervallo narrativo anche nel capitolo seguente. Gesù che ha cominciato ad annunciare la vita divina, dopo che il Padre per lui e per noi (Mt 17,26) mostra come questa via dia origine alla Chiesa.
Quella comunità che aveva promesso di fondare sulla roccia di Pietro, comincia ad essere abbozzata in questo discorso nel quale appaiono le sue caratteristiche nuove, addirittura sconvolgenti. La vita divina che lo Spirito ci dona porta infatti con sé un nuovo modo di vivere, un capovolgimento delle logiche del mondo a cominciare dalla logica del potere. A cominciare dalla domanda che sorge sempre quando nasce una comunità: chi è il più grande?

Chi è il più grande…

La luce della trasfigurazione lancia un messaggio di grandezza che riguarda Gesù, ma che attraverso Lui riguarda ogni uomo.
Ogni uomo è grande, è luminoso, ha una pienezza di vita e di potere, in quanto figlio del Padre celeste. Ma la comprensione di questa grandezza, fondamentale per la costruzione del popolo della nuova alleanza, della Chiesa deve purificarsi.
È una luce di grandezza, ma non di grandezza umana.
Ancora una volta ritorna assieme la luce della Pasqua e il messaggio della Croce: non c’è vita senza dono, non c’è pienezza senza disponibilità di spoliazione, non c’è grandezza senza che si accetti di farsi piccoli per amore.

In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?». Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.
E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.

Il cammino, solo apparentemente interrotto, ricomincia. È un’educazione che Gesù fa dei suoi discepoli, ma al tempo stesso è un’educazione che Matteo fa di ogni cristiano. Nella luce della trasfigurazione e mentre si sta avvicinando a Gerusalemme e la Passione, il vangelo di Matteo riunisce molti insegnamenti di Gesù sulla lotta al male e allo scandalo, sul perdono e la preghiera. Insegnamenti sulla novità di vita che l’accoglienza della grazia, della figliolanza divina, comporta per quanti entrano a far parte del popolo della Nuova Alleanza. È il Padre che ci parla attraverso il Figlio e le Sue parole sono luminose per chi è disposto a vedere. Matteo, alla fine di questi insegnamenti e dopo il terzo conclusivo annuncio della passione, chiude questa parte di vangelo con un episodio che ribadisce chi siamo e cosa dobbiamo chiedere a Dio per accogliere la sua parola.

Mentre uscivano da Gerico, una gran folla seguiva Gesù. Ed ecco che due ciechi, seduti lungo la strada, sentendo che passava, si misero a gridare: «Signore, abbi pietà di noi, figlio di Davide!». La folla li sgridava perché tacessero; ma essi gridavano ancora più forte: «Signore, figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Gesù, fermatosi, li chiamò e disse: «Che volete che io vi faccia?». Gli risposero: «Signore, che i nostri occhi si aprano!». Gesù si commosse, toccò loro gli occhi e subito ricuperarono la vista e lo seguirono.

Quei ciechi siamo noi. La loro preghiera deve diventare la nostra se vogliamo comprendere ciò che il Signore ci dice e soprattutto se vorremo vivere e capire il grande mistero della Passione.

Per continuare il cammino…

Stimoli per la riflessione

Come vivo la sofferenza?
Nella vita di ogni uomo la sofferenza e la morte sono tappe obbligate, proprio di fronte ad esse emerge la verità e la profondità della fede.
Quanto vale la mia fede, sottoposta alla prova della sofferenza? Provo solo ribellione o sono capace di rivolgermi con fiducia a Dio?

Quanto è presente Dio nella mia vita?
Pietro voleva fare tre tende per conservare la presenza di Dio nella sua vita. Quanto vivo “cuore a cuore” con Dio? Quanto è centrale o marginale nella mia vita? Quali sono gli appuntamenti fissi che ho con Lui nella mia giornata?

Prendo sul serio la dirompente negatività del peccato?
Il peccato è un ostacolo tremendo che ci impedisce di ricevere in pienezza la vita divina. Tendo a sottovalutare la pericolosità di vivere con leggerezza, senza lottare veramente contro il male in me?

La luce della Parola

In questi giorni cerca di approfondire personalmente la riflessione e la preghiera attraverso i brani biblici che seguono i temi del discorso ecclesiastico in Matteo 18-20, cioè i fondamenti su cui deve poggiare ogni comunità credente in Gesù.

Per la prima settimana:
Mt 18, 1-14 i piccoli saranno i primi
È un tema frequente nel nostro vangelo che puoi trovare in Mt 10,42. 11,26. 20,26-26. 25,40

Per la seconda settimana:
Mt18, 15-18 la correzione fraterna
Sir. 11,7. 19,13-17. Mt 7,4. Eb 12,11. Gal 6,1. 2 Tm 2,25. 2 Ts 3,15. Gc 5, 19-20

Per la terza settimana:
Mt 18, 21-35 il perdono
Sir 28,2. Mt 6,14. 2 Cor 2,10. Ef 4,32. Col 3, 13

Per la quarta settimana:
Mt 19, 1-12 l’amore matrimoniale e l’amore verginale
Lv 18, 1-18. Tb 8, 5-8. Qo 9,9. Is 62, 1-5. Ml 2, 15-16. 1 Cor 7. Ef 5. Col 3, 18-19. Sap 4,1-2. Ger 16,2.



  1. Primo incontro: Siamo venuti per adorarlo
  2. Secondo incontro: Le Beatitudini
  3. Terzo incontro: La Trasfigurazione
  4. Quarto incontro: Il monte degli Ulivi
  5. Quinto incontro: Ultimo monte


    Riflessioni a cura di Qumran.net

Seguimi

Resta aggiornato sui nuovi contenuti : Seguimi su GOOGLE NEWS