Il volto del Signore contro i malfattori,
per cancellarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li salva da tutte le loro angosce.
Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito,
egli salva gli spiriti affranti.
Molte sono le sventure del giusto,
ma lo libera da tutte il Signore.
Preserva tutte le sue ossa,
neppure uno sarà spezzato.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi,
chi in lui si rifugia non sarà condannato.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 7,1-2.10.25-30.
Dopo questi fatti Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne;
Ma andati i suoi fratelli alla festa, allora vi andò anche lui; non apertamente però: di nascosto.
Intanto alcuni di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere?
Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo?
Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete.
Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora.
Dove ti sei nascosto, Amato?
Sola qui, gemente, mi hai lasciata!
Come il cervo fuggisti,
dopo avermi ferita;
gridando t'inseguii: eri sparito!
«Dove ti sei nascosto?» È come se l'anima dicesse: «Verbo, Sposo mio, mostrami dove sei nascosto». Con queste parole gli chiede di manifestarle la sua essenza divina, perché il «luogo dove è nascosto» il Figlio di Dio è, come dice san Giovanni, «il seno del Padre» (Gv 1,18), cioè l'essenza divina, inaccessibile a ogni occhio mortale e nascosta a ogni umana comprensione. Per questo Isaia, parlando con Dio, si è espresso in questi termini: «Veramente tu sei un Dio nascosto» (Is 45,15).
Occorre dunque notare che, per quanto grandi siano le comunicazioni e le presenze di Dio nei confronti dell'anima e per quanto alte e sublimi siano le conoscenze che un'anima può avere di Dio in questa vita, tutto questo non è l'essenza di Dio, né ha a che vedere con lui. In verità, egli rimane ancora nascosto all'anima. Nonostante tutte le perfezioni che scopre di lui, l'anima deve considerarlo un Dio nascosto e mettersi alla sua ricerca, dicendo: «Dove ti sei nascosto?» Né l'alta comunicazione né la presenza sensibile di Dio sono, infatti, una prova certa della sua presenza, come non sono testimonianza della sua assenza nell'anima l'aridità e la mancanza di tali interventi. Per questo il profeta Giobbe afferma: «Mi passa vicino e non lo vedo, se ne va e di lui non m'accorgo» (Gb 9,11).
Da ciò si può dedurre che se l'anima sperimentasse grandi comunicazioni, conoscenze di Dio o qualsiasi altra sensazione spirituale, non per questo deve presumere che tutto ciò sia un possedere Dio o essere più dentro di lui, oppure quello che sente o intende sia essenzialmente Dio, per quanto grande sia tutto questo. D'altra parte, se tutte queste comunicazioni sensibili e spirituali venissero a mancare, lasciandola nell'aridità, nelle tenebre e nell'abbandono, non per questo deve pensare che le manchi Dio... L'intento principale dell'anima, quindi, in questo verso del poema non è chiedere solo la devozione affettiva e sensibile, che non dà la certezza evidente che si possiede per grazia lo Sposo in questa vita. Domanda soprattutto la presenza e la chiara visione della sua essenza, di cui desidera avere la certezza e possedere la gioia nell'altra vita.
Dopo questi fatti Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne;
Ma andati i suoi fratelli alla festa, allora vi andò anche lui; non apertamente però: di nascosto.
Intanto alcuni di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere?
Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo?
Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete.
Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora.
Meditazione del giorno
San Giovanni della Croce (1542-1591), carmelitano, dottore della Chiesa
Cantico spirituale, strofa 1
« Cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso »
Dove ti sei nascosto, Amato?
Sola qui, gemente, mi hai lasciata!
Come il cervo fuggisti,
dopo avermi ferita;
gridando t'inseguii: eri sparito!
«Dove ti sei nascosto?» È come se l'anima dicesse: «Verbo, Sposo mio, mostrami dove sei nascosto». Con queste parole gli chiede di manifestarle la sua essenza divina, perché il «luogo dove è nascosto» il Figlio di Dio è, come dice san Giovanni, «il seno del Padre» (Gv 1,18), cioè l'essenza divina, inaccessibile a ogni occhio mortale e nascosta a ogni umana comprensione. Per questo Isaia, parlando con Dio, si è espresso in questi termini: «Veramente tu sei un Dio nascosto» (Is 45,15).
Occorre dunque notare che, per quanto grandi siano le comunicazioni e le presenze di Dio nei confronti dell'anima e per quanto alte e sublimi siano le conoscenze che un'anima può avere di Dio in questa vita, tutto questo non è l'essenza di Dio, né ha a che vedere con lui. In verità, egli rimane ancora nascosto all'anima. Nonostante tutte le perfezioni che scopre di lui, l'anima deve considerarlo un Dio nascosto e mettersi alla sua ricerca, dicendo: «Dove ti sei nascosto?» Né l'alta comunicazione né la presenza sensibile di Dio sono, infatti, una prova certa della sua presenza, come non sono testimonianza della sua assenza nell'anima l'aridità e la mancanza di tali interventi. Per questo il profeta Giobbe afferma: «Mi passa vicino e non lo vedo, se ne va e di lui non m'accorgo» (Gb 9,11).
Da ciò si può dedurre che se l'anima sperimentasse grandi comunicazioni, conoscenze di Dio o qualsiasi altra sensazione spirituale, non per questo deve presumere che tutto ciò sia un possedere Dio o essere più dentro di lui, oppure quello che sente o intende sia essenzialmente Dio, per quanto grande sia tutto questo. D'altra parte, se tutte queste comunicazioni sensibili e spirituali venissero a mancare, lasciandola nell'aridità, nelle tenebre e nell'abbandono, non per questo deve pensare che le manchi Dio... L'intento principale dell'anima, quindi, in questo verso del poema non è chiedere solo la devozione affettiva e sensibile, che non dà la certezza evidente che si possiede per grazia lo Sposo in questa vita. Domanda soprattutto la presenza e la chiara visione della sua essenza, di cui desidera avere la certezza e possedere la gioia nell'altra vita.
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