XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Antifona d'ingresso
Se consideri le nostre colpe, Signore,
chi potrà resistere?
Ma presso di te è il perdono,
o Dio di Israele. (Sal 130,3-4)
Se consideri le nostre colpe, Signore,
chi potrà resistere?
Ma presso di te è il perdono,
o Dio di Israele. (Sal 130,3-4)
Secondo libro dei Re 5,14-17.
Egli, allora, scese e si lavò nel Giordano sette volte, secondo la parola dell'uomo di Dio, e la sua carne ridivenne come la carne di un giovinetto; egli era guarito.
Tornò con tutto il seguito dall'uomo di Dio; entrò e si presentò a lui dicendo: "Ebbene, ora so che non c'è Dio su tutta la terra se non in Israele". Ora accetta un dono dal tuo servo".
Quegli disse: "Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò". Nàaman insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò.
Allora Nàaman disse: "Se è no, almeno sia permesso al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne portano due muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dei, ma solo al Signore.
Salmi 98(97),1.2-3.3-4.
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto prodigi.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.
Il Signore ha manifestato la sua salvezza,
agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa di Israele. Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio.
Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa di Israele. Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio.
Acclami al Signore tutta la terra,
gridate, esultate con canti di gioia.
Seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 2,8-13.
Carissimo, ricordati che Gesù Cristo, della stirpe di Davide, è risuscitato dai morti, secondo il mio vangelo,
a causa del quale io soffro fino a portare le catene come un malfattore; ma la parola di Dio non è incatenata!
Perciò sopporto ogni cosa per gli eletti, perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.
Certa è questa parola: Se moriamo con lui, vivremo anche con lui;
se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, anch'egli ci rinnegherà;
se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 17,11-19.
Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza,
alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!».
Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce;
e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?
Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse:
«Alzati e và; la tua fede ti ha salvato!».
Egli, allora, scese e si lavò nel Giordano sette volte, secondo la parola dell'uomo di Dio, e la sua carne ridivenne come la carne di un giovinetto; egli era guarito.
Tornò con tutto il seguito dall'uomo di Dio; entrò e si presentò a lui dicendo: "Ebbene, ora so che non c'è Dio su tutta la terra se non in Israele". Ora accetta un dono dal tuo servo".
Quegli disse: "Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò". Nàaman insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò.
Allora Nàaman disse: "Se è no, almeno sia permesso al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne portano due muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dei, ma solo al Signore.
Salmi 98(97),1.2-3.3-4.
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto prodigi.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.
Il Signore ha manifestato la sua salvezza,
agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa di Israele. Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio.
Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa di Israele. Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio.
Acclami al Signore tutta la terra,
gridate, esultate con canti di gioia.
Seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 2,8-13.
Carissimo, ricordati che Gesù Cristo, della stirpe di Davide, è risuscitato dai morti, secondo il mio vangelo,
a causa del quale io soffro fino a portare le catene come un malfattore; ma la parola di Dio non è incatenata!
Perciò sopporto ogni cosa per gli eletti, perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.
Certa è questa parola: Se moriamo con lui, vivremo anche con lui;
se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, anch'egli ci rinnegherà;
se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 17,11-19.
Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza,
alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!».
Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce;
e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?
Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse:
«Alzati e và; la tua fede ti ha salvato!».
Meditazione del giornoLaParrocchia.it
La Magia di un Incontro
Nel suo cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversa la Galilea e la Samaria e, come spesso succede, incontra dieci lebbrosi. Sia le regioni sia i lebbrosi dicono come Gesù entra in contatto con una realtà di totale emarginazione e abbandono. Infatti nelle due regioni convivevano tranquillamente giudei e pagani dopo la divisione del regno nel 931 a.C. In questo mondo segnato dal dolore e dalla prova entra Gesù con tutto il suo vigore e la sua forza. Bisogna anche dire che la malattia apparteneva ad un universo religioso, ed era considerata una punizione inflitta dalla divinità per i peccati commessi dall'uomo; per cui dalla malattia si poteva uscire solo con l'intervento salvifico di Jhwh. In tale contesto, la presenza di Gesù dice che siamo di fronte alla realizzazione dei tempi messianici. Ma perché tali tempi trovino la loro pienezza e un riscontro positivo nella vita dell'uomo, è importante rapportarsi al Signore con uno spirito di fede.
Infatti nel Samaritano che, anziché andare al Tempio a purificarsi, torna a Gesù bisogna vedere l'uomo che confessa di aver trovato nel Signore il punto di riferimento, il cardine della vita e la stella polare che illumina il suo cammino. Nell'atteggiamento del Samaritano è racchiuso il desiderio dell'umanità che non dovrebbe accontentarsi di assolvere solo ed esclusivamente ad alcuni precetti, ma, incontrato il Signore della Vita, rompe con una tradizione sterile e senza significato e si orienta ad una comunione piena e indissolubile. La fede, per quest'uomo guarito, è relazione personale con Dio, un legame stretto, dialogo profondo, capacità di uscire da situazioni che affondano la vita fino a renderla, spiritualmente parlando, priva di senso... insignificante. Nella presenza di Gesù, che viene in modo preponderante, è da marcare l'intenzione di sollevare l'uomo dalle sue miserie interiori, di liberarlo da una situazione di peccato, fino ad arrivare trasformare il nostro cuore di pietra in cuore di carne (cfr Geremia).
Allora, la fede diviene accoglienza della salvezza operata da Gesù. Tale salvezza non parte da una purificazione esteriore, ma ha interesse a pulire prima di tutto la vita interiore. Una volta che l'uomo gusta e apprezza come è bello stare in sintonia con se stessi e con gli altri, non si preoccupa delle varie vicissitudini presenti nella sua vita; ma la fede gli dice che in queste avversità hanno come compagno di viaggio lo Stesso Gesù, che non ha abbandonato l'uomo a se stesso e al proprio destino, ma si è fatto vicino, lo sostiene e lo cura con il suo immenso e sconfinato amore. La bellezza e la profondità della vita di fede è proprio questa: sapere che accanto a me c'è Qualcuno che mi sostiene e mi incoraggia, lo fa in forma gratuita... solo perché mi ama. Una volta visitati dalla Grazia di Dio, non bisogna stare inerti, ma è necessario rendere grazie al Signore che ha voluto visitare il mondo degli emarginati. Ecco allora che la fede diventa "Rendimento di Grazie". A Dio, che si fa presente in Gesù, si orienta tutta la vita, senza riserve o tentennamenti. In questo modo l'esistenza dell'uomo è la risposta vivente, la testimonianza autentica di ciò che il Signore opera nel mondo degli uomini. "Rendere Grazie" significa iniziare a diventare eucarestia in un mondo dove il bene tarda a venire fuori e a manifestarsi; ma per questo passaggio qualitativo è opportuno vivere (dell') l'Eucarestia. Allora l'uomo di fede trova il suo nutrimento e il suo sostegno nella celebrazione eucaristica, che non è semplice partecipazione a qualcosa che è stato trasmesso e ricevuto in modo freddo e distaccato, ma è convinzione che senza l'eucarestia non c'è possibilità di crescere, maturare e vivere la fede. Per il cristiano l'Eucarestia deve essere, come la Chiesa insegna, il punto nevralgico attorno a cui ruota tutta la vita, la base su cui costruire, ben consapevole che senza l'Eucarestia non si edifica né la Chiesa né la vita... nessun futuro senza Gesù Cristo. Allora, mentre si vive l'Eucarestia si sperimenta come, nel Sacrificio Eucaristico, Dio non smette di amare l'umanità, e nell'offerta del Figlio abbiamo la certezza che Qualcuno ci cerca in modo spasmodico. L'eucarestia diviene l'incontro che riscalda i cuori, scioglie i ghiacciaci del peccato e ossigena i tessuti dell'intero corpo. Il "Rendimento di Grazie" non è altro che un riconoscere come la quotidianità è un dono gratuito dell'amore Dio a cui bisogna aprire la propria vita, in questo modo "L'abisso del cuore aspira all'abisso di Dio" (Angelus Silesius).
È stata questa certamente l'esperienza del Samaritano che l'evangelista Luca oggi mette come icona da imitare.
La Magia di un Incontro
Nel suo cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversa la Galilea e la Samaria e, come spesso succede, incontra dieci lebbrosi. Sia le regioni sia i lebbrosi dicono come Gesù entra in contatto con una realtà di totale emarginazione e abbandono. Infatti nelle due regioni convivevano tranquillamente giudei e pagani dopo la divisione del regno nel 931 a.C. In questo mondo segnato dal dolore e dalla prova entra Gesù con tutto il suo vigore e la sua forza. Bisogna anche dire che la malattia apparteneva ad un universo religioso, ed era considerata una punizione inflitta dalla divinità per i peccati commessi dall'uomo; per cui dalla malattia si poteva uscire solo con l'intervento salvifico di Jhwh. In tale contesto, la presenza di Gesù dice che siamo di fronte alla realizzazione dei tempi messianici. Ma perché tali tempi trovino la loro pienezza e un riscontro positivo nella vita dell'uomo, è importante rapportarsi al Signore con uno spirito di fede.
Infatti nel Samaritano che, anziché andare al Tempio a purificarsi, torna a Gesù bisogna vedere l'uomo che confessa di aver trovato nel Signore il punto di riferimento, il cardine della vita e la stella polare che illumina il suo cammino. Nell'atteggiamento del Samaritano è racchiuso il desiderio dell'umanità che non dovrebbe accontentarsi di assolvere solo ed esclusivamente ad alcuni precetti, ma, incontrato il Signore della Vita, rompe con una tradizione sterile e senza significato e si orienta ad una comunione piena e indissolubile. La fede, per quest'uomo guarito, è relazione personale con Dio, un legame stretto, dialogo profondo, capacità di uscire da situazioni che affondano la vita fino a renderla, spiritualmente parlando, priva di senso... insignificante. Nella presenza di Gesù, che viene in modo preponderante, è da marcare l'intenzione di sollevare l'uomo dalle sue miserie interiori, di liberarlo da una situazione di peccato, fino ad arrivare trasformare il nostro cuore di pietra in cuore di carne (cfr Geremia).
Allora, la fede diviene accoglienza della salvezza operata da Gesù. Tale salvezza non parte da una purificazione esteriore, ma ha interesse a pulire prima di tutto la vita interiore. Una volta che l'uomo gusta e apprezza come è bello stare in sintonia con se stessi e con gli altri, non si preoccupa delle varie vicissitudini presenti nella sua vita; ma la fede gli dice che in queste avversità hanno come compagno di viaggio lo Stesso Gesù, che non ha abbandonato l'uomo a se stesso e al proprio destino, ma si è fatto vicino, lo sostiene e lo cura con il suo immenso e sconfinato amore. La bellezza e la profondità della vita di fede è proprio questa: sapere che accanto a me c'è Qualcuno che mi sostiene e mi incoraggia, lo fa in forma gratuita... solo perché mi ama. Una volta visitati dalla Grazia di Dio, non bisogna stare inerti, ma è necessario rendere grazie al Signore che ha voluto visitare il mondo degli emarginati. Ecco allora che la fede diventa "Rendimento di Grazie". A Dio, che si fa presente in Gesù, si orienta tutta la vita, senza riserve o tentennamenti. In questo modo l'esistenza dell'uomo è la risposta vivente, la testimonianza autentica di ciò che il Signore opera nel mondo degli uomini. "Rendere Grazie" significa iniziare a diventare eucarestia in un mondo dove il bene tarda a venire fuori e a manifestarsi; ma per questo passaggio qualitativo è opportuno vivere (dell') l'Eucarestia. Allora l'uomo di fede trova il suo nutrimento e il suo sostegno nella celebrazione eucaristica, che non è semplice partecipazione a qualcosa che è stato trasmesso e ricevuto in modo freddo e distaccato, ma è convinzione che senza l'eucarestia non c'è possibilità di crescere, maturare e vivere la fede. Per il cristiano l'Eucarestia deve essere, come la Chiesa insegna, il punto nevralgico attorno a cui ruota tutta la vita, la base su cui costruire, ben consapevole che senza l'Eucarestia non si edifica né la Chiesa né la vita... nessun futuro senza Gesù Cristo. Allora, mentre si vive l'Eucarestia si sperimenta come, nel Sacrificio Eucaristico, Dio non smette di amare l'umanità, e nell'offerta del Figlio abbiamo la certezza che Qualcuno ci cerca in modo spasmodico. L'eucarestia diviene l'incontro che riscalda i cuori, scioglie i ghiacciaci del peccato e ossigena i tessuti dell'intero corpo. Il "Rendimento di Grazie" non è altro che un riconoscere come la quotidianità è un dono gratuito dell'amore Dio a cui bisogna aprire la propria vita, in questo modo "L'abisso del cuore aspira all'abisso di Dio" (Angelus Silesius).
È stata questa certamente l'esperienza del Samaritano che l'evangelista Luca oggi mette come icona da imitare.