Antifona d'ingresso
Gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto. (Sal 104,3-4)
Gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto. (Sal 104,3-4)
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 6,10-20.
Fratelli, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza.
Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo.
La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.
Prendete perciò l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove.
State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia,
e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace.
Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno;
prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio.
Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi,
e anche per me, perché quando apro la bocca mi sia data una parola franca, per far conoscere il mistero del vangelo,
del quale sono ambasciatore in catene, e io possa annunziarlo con franchezza come è mio dovere.
Salmi 144(143),1.2.9-10.
Benedetto il Signore,
mia roccia,
che addestra le mie mani alla guerra,
le mie dita alla battaglia.
Mia grazia e mia fortezza,
mio rifugio e mia liberazione,
mio scudo in cui confido,
colui che mi assoggetta i popoli.
Mio Dio, ti canterò un canto nuovo,
suonerò per te sull'arpa a dieci corde;
a te, che dai vittoria al tuo consacrato,
che liberi Davide tuo servo.
Salvami dalla spada iniqua.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 13,31-35.
Fratelli, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza.
Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo.
La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.
Prendete perciò l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove.
State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia,
e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace.
Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno;
prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio.
Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi,
e anche per me, perché quando apro la bocca mi sia data una parola franca, per far conoscere il mistero del vangelo,
del quale sono ambasciatore in catene, e io possa annunziarlo con franchezza come è mio dovere.
Salmi 144(143),1.2.9-10.
Benedetto il Signore,
mia roccia,
che addestra le mie mani alla guerra,
le mie dita alla battaglia.
Mia grazia e mia fortezza,
mio rifugio e mia liberazione,
mio scudo in cui confido,
colui che mi assoggetta i popoli.
Mio Dio, ti canterò un canto nuovo,
suonerò per te sull'arpa a dieci corde;
a te, che dai vittoria al tuo consacrato,
che liberi Davide tuo servo.
Salvami dalla spada iniqua.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 13,31-35.
In quel giorno si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere».
Egli rispose: «Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio i demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avrò finito.
Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.
Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!
Ecco, la vostra casa vi viene lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!».
Meditazione del giorno
San Giovanni Paolo II (1920-2005), papa
Lettera apostolica « Redemptionis anno », aprile 1984
San Giovanni Paolo II (1920-2005), papa
Lettera apostolica « Redemptionis anno », aprile 1984
« Gerusalemme, … quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli »
Oltre a monumenti famosi ed eminenti Gerusalemme accoglie comunità
vive di credenti, la cui presenza è pegno e fonte di speranza per le
genti che in tutte le parti del mondo guardano alla città santa come a
un proprio patrimonio spirituale e un segno di pace e di armonia. Sì,
perché nella sua qualità di patria del cuore di tutti i discendenti
spirituali di Abramo, che la sentono immensamente cara, e in quella di
punto di incontro, agli occhi della fede, tra la trascendenza infinita
di Dio e la realtà dell'essere creato, Gerusalemme assurge a simbolo di
incontro, di unione e di pace per tutta la famiglia umana. La Città
santa racchiude quindi un profondo invito alla pace rivolto a tutta
l'umanità, e in particolare agli adoratori del Dio unico e grande, Padre
misericordioso dei popoli. Ma purtroppo si deve riconoscere che
Gerusalemme permane motivo di perdurante rivalità, di violenza e di
rivendicazioni esclusiviste.
Questa situazione e queste considerazioni fanno salire alle labbra le parole del profeta: «Per amore di Sion non mi terrò in silenzio, per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finché non sorga come stella la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada» (Is 62,1). Penso e sospiro il giorno nel quale tutti saremo davvero così «ammaestrati da Dio» (Gv 6,45) da ascoltarne il messaggio di riconciliazione e di pace. Penso al giorno nel quale ebrei, cristiani e musulmani potranno scambiarsi a Gerusalemme il saluto di pace che Gesù rivolse ai discepoli, dopo la sua risurrezione dai morti: «Pace a voi!» (Gv 20,19).
Questa situazione e queste considerazioni fanno salire alle labbra le parole del profeta: «Per amore di Sion non mi terrò in silenzio, per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finché non sorga come stella la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada» (Is 62,1). Penso e sospiro il giorno nel quale tutti saremo davvero così «ammaestrati da Dio» (Gv 6,45) da ascoltarne il messaggio di riconciliazione e di pace. Penso al giorno nel quale ebrei, cristiani e musulmani potranno scambiarsi a Gerusalemme il saluto di pace che Gesù rivolse ai discepoli, dopo la sua risurrezione dai morti: «Pace a voi!» (Gv 20,19).
Monaci Benedettini Silvestrini
Il terzo giorno avrò finito
Il linguaggio di Gesù, secondo lo stilo proprio orientaleggiante, è spesso permeato di sottili allegorie, non sempre di immediata comprensione per noi non assuefatti a quello stile. Erode, che sta tramando contro di lui, viene definita una volpe per designare la sua astuzia malvagia. Dichiara poi che egli, nonostante le minacce e il reale pericolo deve compiere la sua missione ed ha bisogno di tre giorni. Anche qui il Signore sottintende quanto avverrà dopo la sua morte; egli risorgerà dopo tre giorni. E' il tempo che intercorre tra la morte e la vita. Egli sta compiendo miracoli e prodigi che anticipano quell'evento. Non dimentico però del clima ostile che deve respirare nella città santa, Gerusalemme, Gesù ci fa ascoltare il suo lamento accorato nei confronti di quella città e dei suoi abitanti: «Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa vi viene lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!». C'è un contrasto terribile tra le cure riservate a quella città e l'ingratitudine e la violenza con cui hanno risposto agli inviati dal Signore. È sempre grave il peccato in ogni sua forma, ma quello dell'ingratitudine ad un amore di predilezione è sicuramente particolarmente doloroso. È il peccato dei prediletti, di un popolo e di una città, che solo per scelta divina dovevano brillare di luce e di grazia e avrebbero dovuto accogliere l'Atteso delle genti come il dono più grande che si potesse desiderare. Invece anche dinanzi al Figlio di Dio continua l'ostilità e già sono in atto trame di morte. Siamo invitati ad un attento esame di coscienza per non cadere nel tremendo errore di ricambiare con l'ingratitudine l'infinito amore che è stato riversato nei nostri cuori.
Il linguaggio di Gesù, secondo lo stilo proprio orientaleggiante, è spesso permeato di sottili allegorie, non sempre di immediata comprensione per noi non assuefatti a quello stile. Erode, che sta tramando contro di lui, viene definita una volpe per designare la sua astuzia malvagia. Dichiara poi che egli, nonostante le minacce e il reale pericolo deve compiere la sua missione ed ha bisogno di tre giorni. Anche qui il Signore sottintende quanto avverrà dopo la sua morte; egli risorgerà dopo tre giorni. E' il tempo che intercorre tra la morte e la vita. Egli sta compiendo miracoli e prodigi che anticipano quell'evento. Non dimentico però del clima ostile che deve respirare nella città santa, Gerusalemme, Gesù ci fa ascoltare il suo lamento accorato nei confronti di quella città e dei suoi abitanti: «Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa vi viene lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!». C'è un contrasto terribile tra le cure riservate a quella città e l'ingratitudine e la violenza con cui hanno risposto agli inviati dal Signore. È sempre grave il peccato in ogni sua forma, ma quello dell'ingratitudine ad un amore di predilezione è sicuramente particolarmente doloroso. È il peccato dei prediletti, di un popolo e di una città, che solo per scelta divina dovevano brillare di luce e di grazia e avrebbero dovuto accogliere l'Atteso delle genti come il dono più grande che si potesse desiderare. Invece anche dinanzi al Figlio di Dio continua l'ostilità e già sono in atto trame di morte. Siamo invitati ad un attento esame di coscienza per non cadere nel tremendo errore di ricambiare con l'ingratitudine l'infinito amore che è stato riversato nei nostri cuori.
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