Antifona d'ingresso
Non abbandonarmi, Signore mio Dio,
da me non stare lontano;
vieni presto in mio aiuto,
Signore, mia salvezza. (Sal 38,22-23)
Non abbandonarmi, Signore mio Dio,
da me non stare lontano;
vieni presto in mio aiuto,
Signore, mia salvezza. (Sal 38,22-23)
Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 4,10-19.
Ho provato grande gioia nel Signore, perché finalmente avete fatto rifiorire i vostri sentimenti nei miei riguardi: in realtà li avevate anche prima, ma non ne avete avuta l'occasione.
Non dico questo per bisogno, poiché ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione;
ho imparato ad essere povero e ho imparato ad essere ricco; sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietà e alla fame, all'abbondanza e all'indigenza.
Tutto posso in colui che mi dà la forza.
Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alla mia tribolazione.
Ben sapete proprio voi, Filippesi, che all'inizio della predicazione del vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa aprì con me un conto di dare o di avere, se non voi soli;
ed anche a Tessalonica mi avete inviato per due volte il necessario.
Non è però il vostro dono che io ricerco, ma il frutto che ridonda a vostro vantaggio.
Adesso ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni ricevuti da Epafrodìto, che sono un profumo di soave odore, un sacrificio accetto e gradito a Dio.
Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza in Cristo Gesù.
Salmi 112(111),1-2.5-6.8a.9.
Beato l'uomo che teme il Signore
e trova grande gioia nei suoi comandamenti.
Potente sulla terra sarà la sua stirpe,
la discendenza dei giusti sarà benedetta.
Felice l'uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia.
Egli non vacillerà in eterno:
il giusto sarà sempre ricordato.
Sicuro è il suo cuore, non teme,
finché trionferà dei suoi nemici.
Egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre,
la sua potenza s'innalza nella gloria.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 16,9-15.
Ho provato grande gioia nel Signore, perché finalmente avete fatto rifiorire i vostri sentimenti nei miei riguardi: in realtà li avevate anche prima, ma non ne avete avuta l'occasione.
Non dico questo per bisogno, poiché ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione;
ho imparato ad essere povero e ho imparato ad essere ricco; sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietà e alla fame, all'abbondanza e all'indigenza.
Tutto posso in colui che mi dà la forza.
Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alla mia tribolazione.
Ben sapete proprio voi, Filippesi, che all'inizio della predicazione del vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa aprì con me un conto di dare o di avere, se non voi soli;
ed anche a Tessalonica mi avete inviato per due volte il necessario.
Non è però il vostro dono che io ricerco, ma il frutto che ridonda a vostro vantaggio.
Adesso ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni ricevuti da Epafrodìto, che sono un profumo di soave odore, un sacrificio accetto e gradito a Dio.
Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza in Cristo Gesù.
Salmi 112(111),1-2.5-6.8a.9.
Beato l'uomo che teme il Signore
e trova grande gioia nei suoi comandamenti.
Potente sulla terra sarà la sua stirpe,
la discendenza dei giusti sarà benedetta.
Felice l'uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia.
Egli non vacillerà in eterno:
il giusto sarà sempre ricordato.
Sicuro è il suo cuore, non teme,
finché trionferà dei suoi nemici.
Egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre,
la sua potenza s'innalza nella gloria.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 16,9-15.
Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto.
Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera?
E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona».
I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di lui.
Egli disse: «Voi vi ritenete giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che è esaltato fra gli uomini è cosa detestabile davanti a Dio.
Monaci Benedettini Silvestrini
Il buon uso del denaro
Quello che leggiamo oggi è la naturale e logica continuazione della parabola del fattore infedele di ieri. Riguarda particolarmente il buon uso del denaro. Ci dice innanzitutto che le ricchezze non sono di per se cattive, ma dipende dall'uso che ne facciamo. È facile lasciarsi affascinare dalle molte ricchezze. Gesù dice: «Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli». Ci ammonisce poi sulla fedeltà nell'uso dei beni che ci vengono affidati: «Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto». Dobbiamo tener sempre presente la provenienza dei doni, la loro finalità e la loro preziosità. Dovrebbero essere il movente della nostra scrupolosa fedeltà nell'amministrarli. Noi non abbiamo nulla di nostro, tutto è dono, di tutto dobbiamo rendere conto, ogni appropriazione è indebita e peccaminosa. Ecco il motivo per cui difficilmente un ricco di beni terrestri e umani potrà trovare la via del Regno. «Hanno ricevuto la loro ricompensa», dice il Signore. Sappiamo però la caducità di quella ricompensa e la preziosità dei beni che si sono definitivamente persi. Si ritenevano ricchi ed erano avidi di denaro anche i farisei contemporanei di Gesù, ma egli così severamente li apostrofa: «Voi vi ritenete giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che è esaltato fra gli uomini è cosa detestabile davanti a Dio». Forse i ricchi di oggi come quelli di allora si beffano di tali minacce, ma la condanna non cambia. La condanna ultima è verso quella maledetta avidità che tante ansie e tanti guai ci procura. Si racconta che dopo la creazione il buon Dio si affaccia sul creato e si compiace di quanto ha fatto; quando poi fissa lo sguardo sulla terra l'angelo che lo affianca gli fa notare che gli uomini avevano inventato un loro Dio e che lo ritengono superiore allo stesso Creatore. «Che sarà mai?», chiede il Signore all'angelo. «È il Dio denaro», risponde l'angelo..
Quello che leggiamo oggi è la naturale e logica continuazione della parabola del fattore infedele di ieri. Riguarda particolarmente il buon uso del denaro. Ci dice innanzitutto che le ricchezze non sono di per se cattive, ma dipende dall'uso che ne facciamo. È facile lasciarsi affascinare dalle molte ricchezze. Gesù dice: «Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli». Ci ammonisce poi sulla fedeltà nell'uso dei beni che ci vengono affidati: «Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto». Dobbiamo tener sempre presente la provenienza dei doni, la loro finalità e la loro preziosità. Dovrebbero essere il movente della nostra scrupolosa fedeltà nell'amministrarli. Noi non abbiamo nulla di nostro, tutto è dono, di tutto dobbiamo rendere conto, ogni appropriazione è indebita e peccaminosa. Ecco il motivo per cui difficilmente un ricco di beni terrestri e umani potrà trovare la via del Regno. «Hanno ricevuto la loro ricompensa», dice il Signore. Sappiamo però la caducità di quella ricompensa e la preziosità dei beni che si sono definitivamente persi. Si ritenevano ricchi ed erano avidi di denaro anche i farisei contemporanei di Gesù, ma egli così severamente li apostrofa: «Voi vi ritenete giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che è esaltato fra gli uomini è cosa detestabile davanti a Dio». Forse i ricchi di oggi come quelli di allora si beffano di tali minacce, ma la condanna non cambia. La condanna ultima è verso quella maledetta avidità che tante ansie e tanti guai ci procura. Si racconta che dopo la creazione il buon Dio si affaccia sul creato e si compiace di quanto ha fatto; quando poi fissa lo sguardo sulla terra l'angelo che lo affianca gli fa notare che gli uomini avevano inventato un loro Dio e che lo ritengono superiore allo stesso Creatore. «Che sarà mai?», chiede il Signore all'angelo. «È il Dio denaro», risponde l'angelo..