Se dovrai attraversare il deserto, non temere, Io sarò con te.
Se dovrai camminare nel fuoco, la sua fiamma non ti brucerà.
Seguirai la mia luce nella notte, sentirai la mia forza nel cammino,

io sono il tuo Dio, Signore.
Sono io che ti ho fatto e plasmato, ti ho chiamato per nome.
Io da sempre ti ho conosciuto e ti ho dato il mio amore.
Perché tu sei prezioso ai miei occhi, vali più del più grande dei tesori,

Io sarò con te dovunque andrai.

Vangelo del giorno 25 luglio 2015

Antifona d'ingresso
Mentre camminava lungo il mare di Galilea,
Gesù vide Giacomo di Zebedeo
e Giovanni suo fratello
che riassettavano le reti, e li chiamò. (cf. Mt 4,18.21) 

 

PRIMA LETTURA (2Cor 4,7-15)
Portiamo nel nostro corpo la morte di Gesù.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, noi abbiamo un tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita.
Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 125)
Rit: Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia.
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.

Canto al Vangelo (Gv 15,16)
Alleluia, alleluia.
Io ho scelto voi, dice il Signore,
perché andiate e portiate frutto
e il vostro frutto rimanga.
Alleluia.

VANGELO (Mt 20,20-28)
Il mio calice, lo berrete.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

O M E L I A
a cura di
 
 Raccomandato ma Santo vero.

«Dì che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». È la madre dei due figli di Zebbedeo, soprannominati "Figli del tuono" che parla ed implora per loro un posto di privilegio nel futuro regno. Come ogni buona mamma aspira a vedere i suoi due figli al primo e al secondo posto nel "Regno". Dalla risposta di Gesù appare evidente che a sollecitare la raccomandazione sono stati gli stessi due suoi figli Giacomo e Giovanni. Del resto non erano estranei a simili discorsi neanche gli altri apostoli. Mentre il Signore sta preannunciando la sua prossima passione, sente i suoi che lo seguono discutere su chi di loro dovrà essere il primo. Dice loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Il divino maestro non indugia ad indicare di che trono si tratti e quale è la condizione per sedervi. Il suo regno non è di questo mondo e aggiunge che vuole essere il primo deve essere l'ultimo di tutto e il servo di tutti. Si tratta di bere il calice amaro della passione, di offrirsi in libagione come vittime. Gesù dinanzi a quella passione atroce invocò il Padre suo celeste: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».
Dovranno arrivare i giorni della passione, dello scandalo della croce, della fuga e della paura per comprendere che cosa significhi bere il calice. Sia Giacomo che Giovanni berranno allo stesso  calice di Cristo e coroneranno con la palma del martirio la loro vita. Così ci si svela il vero valore della sofferenza e del martirio: è la partecipazione al sacrificio di Cristo, la condivisione di una crudeltà assurda che sgorga dal peccato per infliggere la morte, ma quella morte che ormai per la forza di Cristo ci conduce alla risurrezione.




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