Ti esalterò, Signore, perché mi hai liberato
e su di me non hai lasciato esultare i nemici.
Signore, mi hai fatto risalire dagli inferi,
mi hai dato vita perché non scendessi nella tomba.
Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
rendete grazie al suo santo nome,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera sopraggiunge il pianto
e al mattino, ecco la gioia.
Ascolta, Signore, abbi misericordia,
Signore, vieni in mio aiuto.
Hai mutato il mio lamento in danza,
la mia veste di sacco in abito di gioia,
Hai mutato il mio lamento in danza, la mia veste di sacco in abito di gioia,
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 4,43-54.
Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea.
Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria.
Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.
Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafarnao.
Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire.
Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete».
Ma il funzionario del re insistette: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia».
Gesù gli risponde: «Và, tuo figlio vive». Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino.
Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: «Tuo figlio vive!».
S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato».
Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive» e credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.
Meditazione del giorno
Sant'Anastasio d'Antiochia, monaco poi patriarca d'Antiochia 549-570 e 593-599
Omelia 5, sulla Resurrezione di Cristo, 6-9 ; PG 89, 1358-1362
"Tuo figlio vive!"
“Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi” (Rom 14,9). Ma “Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi” (Lc 20,38). Quindi, poiché il Signore dei morti è vivo, i morti non sono più morti, ma viventi: la vita regna in loro, perché vivano e non temano più la morte. Come “Cristo risuscitato dai morti non muore più” (Rom 6,9), così, sciolti e liberati dal loro stato perituro, essi non vedranno più la morte. Parteciperanno alla risurrezione di Cristo, come lui stesso ha partecipato della nostra morte. Infatti Cristo è venuto sulla terra solo per “infrangere le porte di bronzo e spezzare le barre di ferro” (Sal 107,16) che erano da sempre chiuse, e per strappare la nostra vita dal suo stato mortale e attirarci verso di lui, chiamandoci dalla schiavitù alla libertà.
Non sia assolutamente un ostacolo alla fede il fatto che il piano di salvezza non si è ancora compiuto, poiché gli uomini muoiono ancora e i loro corpi si dissolvono nella tomba. Fin da ora abbiamo ricevuto la caparra di tutti i beni promessi, nella persona di colui che è la primizia: attraverso lui siamo saliti nel più alto dei cieli. Infatti siederemo vicino a lui che ci ha portato con lui in alto, come dice San Paolo: “Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù” (Ef 2,6).
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