Se dovrai attraversare il deserto, non temere, Io sarò con te.
Se dovrai camminare nel fuoco, la sua fiamma non ti brucerà.
Seguirai la mia luce nella notte, sentirai la mia forza nel cammino,

io sono il tuo Dio, Signore.
Sono io che ti ho fatto e plasmato, ti ho chiamato per nome.
Io da sempre ti ho conosciuto e ti ho dato il mio amore.
Perché tu sei prezioso ai miei occhi, vali più del più grande dei tesori,

Io sarò con te dovunque andrai.

Vangelo del giorno 15 settembre 2013

XXIV Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

Antifona d'ingresso

Da’, o Signore, la pace a coloro che sperano in te;
i tuoi profeti siano trovati degni di fede;
ascolta la preghiera dei tuoi fedeli
e del tuo popolo, Israele. (cf. Sir 36,15-16) 


 
Libro dell’Esodo 32,7-11.13-14.
Allora il Signore disse a Mosè: "Và, scendi, perché il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d'Egitto, si è pervertito.
Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicata! Si son fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: Ecco il tuo Dio, Israele; colui che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto".
Il Signore disse inoltre a Mosè: "Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura cervice.
Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te invece farò una grande nazione".
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: "Perché, Signore, divamperà la tua ira contro il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d'Egitto con grande forza e con mano potente?
Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutto questo paese, di cui ho parlato, lo darò ai tuoi discendenti, che lo possederanno per sempre".
Il Signore abbandonò il proposito di nuocere al suo popolo.

Salmi 51(50),3-4.12-13.17.19.
Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia;
nella tua grande bontà cancella il mio peccato.
Lavami da tutte le mie colpe,
mondami dal mio peccato.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non respingermi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito;

Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode;
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio,
un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi.

Prima lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 1,12-17.
Rendo grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al mistero:
io che per l'innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede;
così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io.
Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me, per primo, tutta la sua magnanimità, a esempio di quanti avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 15,1-32.

Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.
I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».
Allora egli disse loro questa parabola:
«Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova?
Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento,
va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta.
Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.
O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova?
E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta.
Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli.
Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze.
Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.
Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.
Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci.
Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.
Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!
Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te;
non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni.
Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio.
Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi.
Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,
perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze;
chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.
Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.
Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo.
Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici.
Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.
Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;
ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

Meditazioni del giorno
Monaci Benedettini Silvestrini
 Mio figlio è tornato (Omelia del 12-09-2010)

Eri tu ad esserti smarrito, avevi chiesto temerariamente la parte dei tuoi beni, pur sapendo che nulla ti apparteneva, nulla potevi esigere da tuo padre. Egli però geloso della tua libertà, ha diviso le sostanze e tu, credendoti finalmente libero e ricco, ti sei avventurato per la strade larghe del mondo senza sapere dove conducessero. Gli spazi senza confini, la libertà senza limiti ti hanno affascinato e così hai intrapreso la tua avventura. Hai provato l'ebbrezza dell'onnipotenza, ti sei sentito come un Dio e non ti sei accorto che ti attendevano l'umiliazione, la fame e la solitudine. Il Peccato. Solo quando ti sei ritrovato tra i porci ti sei accorto finalmente della tua miseria e, con i morsi della fame, hai sentito la struggente nostalgia della casa paterna. Ti mancava il pane, ma ancor più ti mancava il Padre. Ti sei ritrovato come uno schiavo ed eri libero! Eri Figlio. Che sofferenza stare con gli immondi e bramare le carrube! «Mi alzerò e andrò da mio Padre», gli chiederò di riprendermi come schiavo, come l'ultimo degli schiavi, avrò così almeno pane a sazietà, non morirò di fame. È cominciato così il tuo ritorno, lungo e faticoso. Hai visto sulla tua strada Colui che ti precedeva verso il monte. Ti ha chiesto il tuo peso perché tu procedessi sgombro verso la casa del Padre. Leggero, il tuo incedere è diventato la corsa anche se non avevi ancora smesso tutti i tuoi timori. Hai alzato gli occhi e hai visto Colui che da sempre ti attendeva, ora ti correva incontro, a braccia aperte. Hai sentito il calore del bacio intenso e del paterno abbraccio che ti rigeneravano alla vita, ti facevano rinascere come Figlio. Non più schiavo ma libero. Hai smesso gli stracci logori e l'abito nuovo t'ha adornato, l'anello del vincolo nuovo, indissolubile hai messo al dito e i calzari ai piedi per percorrere la Via. E poi la festa: un banchetto di comunione e di gioia vera. Lì si canta la misericordia e il perdono. Lì c'è Colui che aveva preso su di sè il tuo peccato e ti sfama con il pane della vita e il vino che diventa sangue. Tutti sono invitati a quella mensa, manca soltanto il fratello che serve fedelmente, ma non è ancora capace di comprendere l'amore che perdona. Ora tu sei l'esperto del perdono. Il tuo canto non avrà mai fine e la casa del Padre ti sembra più ampia dell'intero mondo perché ha le dimensione del cuore di tuo Padre. Ha la dimensione della vera libertà.

Due fratelli, due amori: un padre  (Omelia del 16-09-2007)

La parabola della liturgia odierna è la ormai classica conosciuta come quella del figliol prodigo. Invece che centrarsi sulla dispersione dei beni attuata dal figlio, oggi si preferisce chiamarla come quella del Padre misericordioso, sottolineando la bontà del padre, figura del Padre. Come sono differenti l'un l'altro i due fratelli della parabola raccontata da Gesù! Il primo, il minore non accetta delle limitazioni su come gestire quello che ritiene essere di sua proprietà. Pensa al padre come un gestore indebito e limitatore della sua libertà. La sua autosufficienza lo spinge ad allontanarsi da quella casa che gli sembra stretta. Per questo figlio, i doni del padre, avuti quasi come un diritto legittimo di proprietà, devono essere goduti lontano dalla propria casa. Non è un semplice allontanarsi come desiderio legittimo di autorelizzazione, secondo la propria indole ma il voler disconoscere le proprie origini, ed in definitiva la propria realtà. Il secondo figlio presentato nella parabola è il fratello maggiore. Egli non si sente a casa propria, ha paura della condivisione con il padre. Preferisce un lavoro muto, espressione di servizio doveroso che richiede una retribuzione adeguata. La richiesta del vitello e della festa con gli amici deriva non dall'amore ma come compenso al suo lavoro in casa. Il padre gli fa tanta paura che non vede l'amore nella casa del padre, ma solo il luogo del dovere. Essere primogenito, per lui non è un privilegio da vivere con disponibilità ma un onere fonte di doveri. In tutte e due fratelli manca un qualcosa di fondamentale: la gioia di sapersi e sentirsi amati. Il primo cerca l'amore fuori della casa, il secondo la reprime nel profondo del cuore. Per motivazioni diverse, quasi opposte, non riescono a condividere con il padre la gioia dei tanti beni. L'atteggiamento del figlio che si crede più autosufficiente è la vera base per conquistare la vera libertà alla quale tutti noi vogliamo aspirare. Affidarsi alle braccia del padre e ricevere da lui l'anello, i calzari ed il vestito più bello rappresenta l'investitura della vera dignità che noi possiamo ricevere da Dio, come suoi figli. Dal figlio maggiore riconosciamo che il bene nostro proviene da Dio e impariamo a servire con vero amore e non come dovere da assolvere. La parabola del figliol prodigo, del padre misericordioso, è anche la parabola della gioia... La gioia che ha sperimentato il figlio minore quando ritorna dal padre. Nello scoprire la sua verità ritrova la grande e vera libertà interiore. La gioia è quella del figlio minore che ritrova il padre ad accoglierlo, è la gioia che dovrebbe sperimentare - e speriamo che sia così - il figlio maggiore nella comunione con il padre. Il Signore ama chi dona con gioia ci insegna San Paolo ciò che San Benedetto poi sussurra a tutti i suoi monaci.

(omelie a cura di  Qumran2.net )


Seguimi

Resta aggiornato sui nuovi contenuti : Seguimi su GOOGLE NEWS