Se dovrai attraversare il deserto, non temere, Io sarò con te.
Se dovrai camminare nel fuoco, la sua fiamma non ti brucerà.
Seguirai la mia luce nella notte, sentirai la mia forza nel cammino,

io sono il tuo Dio, Signore.
Sono io che ti ho fatto e plasmato, ti ho chiamato per nome.
Io da sempre ti ho conosciuto e ti ho dato il mio amore.
Perché tu sei prezioso ai miei occhi, vali più del più grande dei tesori,

Io sarò con te dovunque andrai.

Vangelo del giorno 7 ottobre 2013


Antifona d'ingresso

Ave, Maria, piena di grazia: il Signore è con te;
tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo seno. (Lc 1,28.42)
 
 
 
 
Libro di Giona 1,1-16.2,1.11.
Fu rivolta a Giona figlio di Amittai questa parola del Signore:
"Alzati, và a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malizia è salita fino a me".
Giona però si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s'imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore.
Ma il Signore scatenò sul mare un forte vento e ne venne in mare una tempesta tale che la nave stava per sfasciarsi.
I marinai impauriti invocavano ciascuno il proprio dio e gettarono a mare quanto avevano sulla nave per alleggerirla. Intanto Giona, sceso nel luogo più riposto della nave, si era coricato e dormiva profondamente.
Gli si avvicinò il capo dell'equipaggio e gli disse: "Che cos'hai così addormentato? Alzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo".
Quindi dissero fra di loro: "Venite, gettiamo le sorti per sapere per colpa di chi ci è capitata questa sciagura". Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona.
Gli domandarono: "Spiegaci dunque per causa di chi abbiamo questa sciagura. Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni?".
Egli rispose: "Sono Ebreo e venero il Signore Dio del cielo, il quale ha fatto il mare e la terra".
Quegli uomini furono presi da grande timore e gli domandarono: "Che cosa hai fatto?". Quegli uomini infatti erano venuti a sapere che egli fuggiva il Signore, perché lo aveva loro raccontato.
Essi gli dissero: "Che cosa dobbiamo fare di te perché si calmi il mare, che è contro di noi?". Infatti il mare infuriava sempre più.
Egli disse loro: "Prendetemi e gettatemi in mare e si calmerà il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia".
Quegli uomini cercavano a forza di remi di raggiungere la spiaggia, ma non ci riuscivano perché il mare andava sempre più crescendo contro di loro.
Allora implorarono il Signore e dissero: "Signore, fà che noi non periamo a causa della vita di questo uomo e non imputarci il sangue innocente poiché tu, Signore, agisci secondo il tuo volere".
Presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia.
Quegli uomini ebbero un grande timore del Signore, offrirono sacrifici al Signore e fecero voti.
Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti.
E il Signore comandò al pesce ed esso rigettò Giona sull'asciutto.

Libro di Giona 2,3-5.8.
E disse: "Nella mia angoscia ho invocato il Signore ed egli mi ha esaudito; dal profondo degli inferi ho gridato e tu hai ascoltato la mia voce.
Mi hai gettato nell'abisso, nel cuore del mare e le correnti mi hanno circondato; tutti i tuoi flutti e le tue onde sono passati sopra di me.
Io dicevo: Sono scacciato lontano dai tuoi occhi; eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio.
Quando in me sentivo venir meno la vita, ho ricordato il Signore. La mia preghiera è giunta fino a te, fino alla tua santa dimora.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 10,25-37.
Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?».
Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?».
Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso».
E Gesù: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai».
Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?».
Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.
Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte.
Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre.
Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione.
Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.
Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.
Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?».
Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: « Va' e anche tu fa' lo stesso ».

Meditazione del giorno
Monaci Benedettini Silvestrini

Che cosa fare per avere la vita eterna?

Un dottore della legge vuol mettere alla prova Gesù; così gli pone una domanda che può essere una domanda fondamentale anche per noi: cosa fare per ottenere la vita eterna? Dopo è Gesù che vuol mettere alla prova lo stesso dottore della legge sulla sua conoscenza della Legge di Dio. Il confronto continua poi su come interpretare la stessa Legge che Dio aveva dato a Mosè per il suo popolo. Con la parabola del buon samaritano, di nuovo Gesù ribalta il pensiero del dottore quando questi gli chiede chi sia il suo prossimo. Gesù chiede di farsi prossimi a chi chiede o semplicemente ha bisogno dell'aiuto. Il prossimo non è una categoria astratta ma richiede movimento; il movimento del cuore che ci spinge ad avvicinarsi senza pregiudizi a qualsiasi persona abbia bisogno di aiuto. Gesù invita a vedere in tutti i bisognosi il "prossimo" da aiutare, al di fuori da ogni schema e pregiudizio. Con questa parabola Gesù evidenzia il nucleo centrale della fede e della vita cristiana. Senza l'amore verso il prossimo e senza il prodigarsi per esso non possiamo dirci dei veri cristiani. Il sacerdote e il levita della parabola, per motivazioni diverse, avevano trovato, in cuor loro, scuse "attendibili" per non aiutare quell'uomo incappato nei briganti. Solo il samaritano, uno considerato addirittura un nemico, aveva pensato che tutti gli affari che lo attendevano potevano ritardare per prestare il soccorso al povero malcapitato. Possiamo capire bene qual è l'insegnamento di Gesù. L'amore per il prossimo è quello che ci dovrebbe identificare come cristiani. Il tempo usato per la carità, quella vera e sincera non è mai sprecato o rubato per altre occupazioni, è tempo donato a Dio. Carità vere e sincera significa che deve essere praticato oltre ogni pregiudizio e convenzione; a volte quanto è difficile per noi questo! Vorrei però sottolineare dalla richiesta iniziale del dottore della legge: il conseguimento della vita eterna. In ogni nostra azione dovremo sempre tenere a mente che è tutto predisposto per la nostra salvezza. I gesti di amore e carità aiutano e sollevano il prossimo; la nostra fede però ci suggerisce che il primo beneficiario della carità è chi la pratica. Gesù non guarda solo ad opere di giustizia sociale, opportune per tante parti del mondo; Egli guarda più in profondità e la carità praticata nel nome di Cristo ha un valore aggiunto che il pegno per la vita eterna. 
 
 
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