Se dovrai attraversare il deserto, non temere, Io sarò con te.
Se dovrai camminare nel fuoco, la sua fiamma non ti brucerà.
Seguirai la mia luce nella notte, sentirai la mia forza nel cammino,

io sono il tuo Dio, Signore.
Sono io che ti ho fatto e plasmato, ti ho chiamato per nome.
Io da sempre ti ho conosciuto e ti ho dato il mio amore.
Perché tu sei prezioso ai miei occhi, vali più del più grande dei tesori,

Io sarò con te dovunque andrai.

Vangelo del giorno 13 novembre 2013


Antifona d'ingresso
 
La mia preghiera giunga fino a te;
tendi, o Signore, l’orecchio alla mia preghiera. (Sal 88,3)
 
 
 
 
Libro della Sapienza 6,2-11.
Porgete l'orecchio, voi che dominate le moltitudini e siete orgogliosi per il gran numero dei vostri popoli.
La vostra sovranità proviene dal Signore; la vostra potenza dall'Altissimo, il quale esaminerà le vostre opere e scruterà i vostri propositi;
poiché, pur essendo ministri del suo regno, non avete governato rettamente, né avete osservato la legge né vi siete comportati secondo il volere di Dio.
Con terrore e rapidamente egli si ergerà contro di voi poiché un giudizio severo si compie contro coloro che stanno in alto.
L'inferiore è meritevole di pietà, ma i potenti saranno esaminati con rigore.
Il Signore di tutti non si ritira davanti a nessuno, non ha soggezione della grandezza, perché egli ha creato il piccolo e il grande e si cura ugualmente di tutti.
Ma sui potenti sovrasta un'indagine rigorosa.
Pertanto a voi, o sovrani, sono dirette le mie parole, perché impariate la sapienza e non abbiate a cadere.
Chi custodisce santamente le cose sante sarà santificato e chi si è istruito in esse vi troverà una difesa.
Desiderate, pertanto, le mie parole; bramatele e ne riceverete istruzione.

Salmi 82(81),3-4.6-7.
Difendete il debole e l'orfano, al misero e al povero fate giustizia.
Salvate il debole e l'indigente, liberatelo dalla mano degli empi".
Io ho detto: "Voi siete dei, siete tutti figli dell'Altissimo".
Eppure morirete come ogni uomo, cadrete come tutti i potenti.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 17,11-19.
 
Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza,
alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!».
Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce;
e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?
Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse:
«Alzati e và; la tua fede ti ha salvato!».  

Meditazione del giorno
Monaci Benedettini Silvestrini  

I dieci lebbrosi


I lebbrosi, ai tempi del Signore, erano gli emarginati per eccellenza, e lo sono rimasti quasi fino ai nostri giorni. Soltanto alcuni pietosamente lanciavano a distanza qualche tozzo di pane o qualcosa da mangiare. La loro malattia, assolutamente incurabile, era ritenuta motivo di contagio, di contaminazione e di impurità. Era davvero misera la loro sorte anche perché oltre l'umiliazione del male, erano additàti come responsabili di gravi peccati che avrebbero procurato loro quel terribile castigo divino. Erano trattati come scomunicati. Ne fa fede il famoso libro di Giobbe. Comprendiamo così perché i dieci lebbrosi che vanno incontro a Gesù si fermano a distanza e sono costretti a gridare la loro invocazione. «Gesù maestro, abbi pietà di noi!». È il loro grido a Gesù, la loro intensa ed essenziale preghiera. Quel «Maestro», diverso dagli altri, sicuramente li guarderà con pietà e compassione. Potrà purificarli nel corpo e nell'anima. Non avviene il miracolo all'istante come spesso faceva Gesù: ricevono un ordine: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». Significava per loro andate a prendere la certificazione della avvenuta guarigione. Era compito dei sacerdoti che di conseguenza sancivano la loro riammissione nella comunità e nella vita normale. Durante il tragitto si sentono guariti, ma nove di loro proseguono il tragitto, smaniosi di ricevere l'auspicata dichiarazione di completa guarigione. Uno solo torna indietro a ringraziare Gesù. È una proporzione umiliante anche per noi: su dieci guariti dal Signore uno solo torna e rendere grazia al grande benefattore. La conseguenza di ciò è della massima importanza: colui che torna a ringraziare viene non solo guarito come gli altri nove, ma salvato. «Álzati e và; la tua fede ti ha salvato!». La differenza è sostanziale: la guarigione riguarda il corpo e il tempo, la salvezza riguarda l'anima e l'eternità. Guariti e ingrati: è il rischio di tanti di noi che ricolmi di doni divini dimentichiamo la doverosa gratitudine. I santi del cielo cantano in eterno la bontà infinita di Dio, lo, lodano e lo benedicono per la sua misericordia. Dovremmo spendere molta della nostra preghiera per dire grazie al Signore per le meraviglie che egli compie per noi. Il fatto che sia uno straniero a rendere grazie a Gesù ci induce a pensare che talvolta proprio i prediletti siano i meno attenti ad esprimere la dovuta gratitudine. Che non sia l'assuefazione a tradirci! 
 
 

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