Al dolore straziante delle ferite procurate dai chiodi si aggiungono i crampi che colpiscono tutti i muscoli del corpo compresi quelli della respirazione. A poco a poco il viso diventa cianotico, l'aria riesce solo ad entrare nei polmoni ma non ne esce quasi più, la sua fronte è coperta di sudore, gli occhi rovesciati sembrano voler uscire dalle orbite.
Ma fino a quando? La sete, i crampi, l'asfissia e la vibrazione atroce dei tendini mediani del polso non gli hanno strappato un lamento. Egli sa che ormai è alla fine. Come per farci intendere che sta morendo di propria volontà, esclama:"Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito".
La passione del Signore ci mette in silenzio. Un silenzio più profondo della molteplicità di voci che sempre ci circonda, anzi, solitamente ci abita. Nasce nel cuore una domanda cui non è possibile sottrarsi: perché? La risposta ci è data da Gesù stesso che dice: «Questo è il mio sangue versato per molti, in remissione dei peccati» (Mt 26,28). Contempliamo il Figlio dell'uomo, Signore glorioso, per noi umiliato, schernito, percosso.
Guardiamo al Figlio di Dio, che non è sceso dalla croce cercando di salvare se stesso, ma ad essa è rimasto confitto, salvando tutti noi. Fedele al disegno del Padre, fedele all'amore per l'uomo, ha preso su di sé l'estremo abbandono dovuto al peccato, perché noi, liberati, potessimo gustare la gioia della comunione con Dio. Si scuota la terra della nostra consueta indifferenza, si spezzino le rocce dei cuori induriti. La grazia della passione di Cristo oggi ci è offerta. Nel nome di Gesù pieghiamo anche noi le ginocchia e in silenzio, umilmente, deponiamo il nostro peccato ai piedi della sua croce gloriosa, della sua croce d'amore.
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