(di don Mario Colavita)
Nel mezzo dell’inverno la Chiesa celebra la festa detta della Presentazione di Gesù bambino al tempio, in realtà il popolo ricorda un altro nome: Candelora. La festa, come molte nella liturgia romana, ha un’origine pagana. Il mese di Febbraio era l’ultimo del calendario romano, quello che chiudeva l'anno: il termine “Februarius” (derivante da “februa”) significava “purificazione”.
Il quindicesimo giorno di Februarius venivano inaugurati i Lupercalia, le festività in onore del Dio Luperco, il quale, secondo la tradizione, sorvegliava le greggi e le proteggeva dall'assalto dei lupi. Il culto di Luperco era molto importante ed i suoi sacerdoti, godevano di gran prestigio.
Durante i Lupercalia i sacerdoti, definiti “Luperci” (scacciatori dei lupi), sacrificavano delle pecore in una grotta ai piedi del Palatino dove, secondo tradizione, la lupa avrebbe allattato Romolo e Remo. Con una spada insanguinata del sangue di pecora toccavano poi la fronte di due ragazzi di origina patrizia, che detergevano subito dopo con un panno di lana, imbevuto di latte.
A quel punto i due ragazzi dovevano indossare le pelli degli animali sacrificati; con la medesima pelle venivano realizzate delle striscie (dette februa) con le quali, correndo attorno alle pendici del Palatino, dovevano percuotere chiunque incontrassero, in particolare le donne, che si offrivano volontariamente ad essere sferzate per purificarsi e ottenere la fecondità. La comunità intera, così facendo, si purificava e si preparava ad accogliere la primavera ed i suoi frutti.
Fu papa Gelasio I nel V secolo d.C. ad ottenere il permesso dal senato di Roma e “sostituire i lupercalia” con la festa della candele mantenendone il significato di rito purificativo, dedicandolo però alla Vergine. Il nome venne cambiato in “Festa delle Candele” (Candelora), in quanto adottate come simbolo della purificazione.
La festa della Candelora è stata importata dall’oriente. Nel IV secolo d.C. la pellegrina Egeria ci attesta la presenza di questo uso a Gerusalemme, dopo il quarantesimo giorno dalla nascita di Gesù. La Presentazione del Signore è la festa di Cristo, luce delle genti, e dell’incontro del Messia con il suo popolo nel tempio di Gerusalemme. Il gesto di obbedienza alla legge e di offerta a Dio, compiuto da Maria e Giuseppe, che portano il bambino Gesù per offrirlo al Signore, invita ogni battezzato a ripercorrere le tappe della sua fede, a sottomettersi alla legge del Signore, a divenire con Cristo luce del mondo.
Simeone (letteralmente Esaudimento) ed Anna attendono Gesù nel tempio di Gerusalemme, lì ci sarà la proclamazione della divinità e della missione redentrice. Il vegliardo Simeone rappresenta l’ideale dell’uomo credente aperto all’intervento di Dio e alla sua azione. Prendendolo tra le braccia, Simeone, proclama Gesù Luce di tutte le genti e gloria del popolo d’Israele. Le parole del santo vegliardo invitano a riflettere sull’importanza di Cristo, Luce che illumina l’uomo e il suo agire nella storia. Da Cristo e per Cristo fluisce la luce che purifica e invita il credente ad andare oltre, la luce affascina, avviluppa l’umanità, invita alla conversione e alla proclamazione della nuova e buona novella.
La candela, ricevuta, è il segno più eloquente di ciò che siamo e ciò a cui siamo chiamati, a trasformare la nostra esistenza in una candela nella mani di Dio, a passare dalle tenebre alla luce di Cristo, essa con la sua forza-bellezza salverà l’uomo, lo condurrà sulla via del bene, allargherà i suoi stretti orizzonti, lo spoglierà dei suoi egoismi e lo vestirà di verità e bellezza.