Se dovrai attraversare il deserto, non temere, Io sarò con te.
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San Francesco e Santa Chiara...un amore diverso dagli altri
Francesco e Chiara: un rapporto libero
Francesco e Chiara sono un esempio di come un uomo ed una donna possano essere uniti nella totale purezza, lontani da ogni concupiscenza ed egoismo, totalmente uniti, perché totalmente liberi, e totalmente donati l'uno all'altro, perché totalmente offerti a Cristo ed ai fratelli.
Felice A. pubblicò uno studio approfondito del rapporto tra San Francesco e Santa Chiara (Ed. Porziuncola, Un rapporto libero). Il libro ripercorre molti episodi della vita di entrambi, facendoci comprendere questo rapporto d'amicizia così umana e profonda, di vero amore, che lascia sempre Dio al primo posto, in maniera stabile e definitiva.
Pur essendo espropriati di ogni cosa, Francesco e Chiara sapevano amare come nessun altro, perché amavano gli uomini e le cose con l'Amore che viene da Dio e con questo stesso Amore sapevano amare non soltanto uomini e cose, ma sapevano reciprocamente amarsi e comprendersi, per questo hanno vissuto l'uno per l'altro, ma soltanto perché entrambi hanno vissuto per Cristo, con Cristo ed in Cristo. Tra loro non c'era ombra né macchia, né v'era velo all'altrui comprensione. Il loro fu un rapporto forte, non basato sull'emozione di un momento e tale da non cedere al primo vento contrario; forte ed intenso, come traspare da ciò che avvenne nei giorni che precedettero la morte di Francesco e dall'ultimo saluto che Chiara gli dette. Si tratta di una pagina struggente e drammatica, piena di lirismo nella sua tragica realtà:
«Nella settimana in cui Francesco passò da questa vita, Chiara - prima pianticella dell'Ordine delle sorelle e badessa delle Sorelle Povere del monastero di San Damiano in Assisi, emula di Francesco nel conservare intatta la povertà del Figlio di Dio -, era anch'essa gravemente inferma. E temeva di spegnersi prima del Santo. Affranta, ella piangeva e non riusciva a darsi pace pensando che non avrebbe più visto Francesco, suo unico padre dopo Dio, lui che la confortava nello spirito e nel corpo, che l'aveva fondata per primo nella grazia del Signore.
Tramite un frate, Chiara fece conoscere a Francesco questa sua ansietà. Il Santo, informato della cosa, ne fu tutto commosso, perché amava Chiara e le sue sorelle con amore di padre, per la vita santa che conducevano e soprattutto perché, con l'aiuto del Signore, era stato lui a convertirla a Dio, con i suoi consigli, pochi anni dopo l'arrivo dei primi frati. La conversione di Chiara aveva procurato molta edificazione non solo alla comunità dei frati ma all'intera Chiesa di Dio.
Francesco, sapendo che non poteva esaudire in quel momento il desiderio che ella aveva espresso di vederlo, per essere entrambi gravemente malati, le mandò in scritto la sua benedizione al fine di confortarla; la assolse altresì da tutte le eventuali mancanze alle direttive e volontà di lui, ed inadempienze agli ordini e volere del Figlio di Dio. Inoltre, onde sollevarla da ogni tristezza e consolarla nel Signore, Francesco, o meglio lo Spirito di Dio che parlava in lui, disse al frate inviatogli da lei: "Va e porta questa lettera a donna Chiara.
Le dirai che lasci cadere ogni angoscia e mestizia causata dal fatto che adesso non può vedermi. Sappia in verità che, prima del suo trapasso, tanto lei che le sue sorelle mi vedranno ancora e ne trarranno la più grande consolazione". Poco tempo appresso, Francesco, durante la notte, passò da questa vita. Allo spuntar del mattino venne l'intera popolazione di Assisi, uomini e donne con tutto il clero, tolsero la salma venerata dal luogo della Porziuncola e tra inni e cantici, ognuno recando in mano una fronda di albero, portarono quel corpo santo, per disposizione divina, fino a san Damiano. Così fu compiuta la predizione fatta dal Signore per bocca di Francesco, a conforto delle sue figlie e ancelle. Fu levata via la grata di ferro dalla finestra attraverso cui le monache ricevono la comunione o, talora, ascoltano la Parola di Dio. I frati alzarono la salma di Francesco dalla lettiga e la tennero a lungo sulle loro braccia accanto alla finestra, così che donna Chiara e le sue sorelle ne provarono una consolazione profonda, sebbene fossero tutte in pianto e afflitte dal cordoglio, poiché Francesco era stato per loro, dopo Dio, l'unica consolazione a questo mondo» (FF 1667-1668).
Col suo stile essenziale, questa pagina trasmette una forza impressionante: al suo confronto, le parole che Tommaso da Celano dedica al pianto di Chiara e delle sorelle (FF 523-524) sono più stucchevoli e meno incisive. Emerge con evidenza il rapporto discreto e forte che legava Chiara e Francesco, un rapporto non svilito dal diradarsi dei loro incontri. Questa pagina mostra anche come fosse ancora Francesco il punto di riferimento di Chiara, nonostante egli avesse da tempo rassegnato in mano di altri la carica di Ministro Generale: si dice infatti che la assolse "da tutte le eventuali mancanze alle direttive e volontà di lui ed inadempienze agli ordini e voleri del Figlio di Dio". Un rapporto che manteneva intatta la sua forza pur in mezzo alla sofferenza fisica, e non solo fisica, che i due dovevano sostenere.
Quanto distante esso si mostra da quei rapporti mutevoli e fugaci che non sanno reggere il primo vento contrario, naufragando miseramente. Questi nostri anni si caratterizzano sempre più per la fragilità e instabilità dei rapporti: spesso, tra gli adolescenti, requisiti essenziali per entrare a far parte di un gruppo sono l'uniformità dell'abbigliamento, del linguaggio usato, del mezzo di trasporto. In tal modo, la qualità della persona rischia di passare in secondo piano, mentre si accentua un'uniformità pericolosa che può mortificare lo sviluppo della singola personalità. In più, appiattendo le personalità, ci si sente tanto forti quando si è in gruppo quanto deboli quando si è soli. Il rischio, nient'affatto ipotetico, è di avere come risultato delle persone deboli, fragili, incapaci di contrastare le avversità che la vita, prima o poi, inevitabilmente presenta. Bisogna tenere in conto anche che l'educazione familiare orienta sempre più e sempre più diffusamente verso questa debolezza e fragilità: ai figli non si nega mai niente di ciò che desiderano... In tal modo, mentre si abituano i ragazzi soltanto a ricevere e non a dare - una scuola di egoismo -, si evade al tempo stesso la loro inespressa domanda di affetto, li si priva di una presenza per loro insostituibile, provocando vuoti sul piano affettivo che, dall'adolescenza in poi, essi cercheranno di colmare altrove, con risultati non sempre confortanti.
Da queste cause cui abbiamo accennato derivano in buona parte anche molte delle crisi che sempre più frequentemente si abbattono sulle coppie nei primi anni della loro vita matrimoniale. È chiaro che una mentalità, che guadagna sempre più seguaci, basata sull'edonismo, per cui è lecito e giusto tutto ciò che mi piace, fatica molto a comprendere un Dio come quello dei cristiani, che incarna l'idea del Sacrificio, dell'annientamento di sé, della propria umiliazione, a vantaggio della salvezza altrui. Se Nietzsche bestemmiava un tale Dio, immagine della debolezza e pusillanimità, in nome della teoria del superuomo, oggi nessuno più perde il tempo a formulare teorie alternative, ma nella pratica avviene lo stesso rifiuto, non più di un Dio debole, bensì di un Dio che si sacrifica e chiede il sacrificio. Non è tanto nell'ideologia il rischio, oggi, quanto nella prassi, o meglio è la stessa prassi, il modello comportamentale, a divenire a sua volta ideologia.
Diviene evidente, allora, la sorgente da cui promana la forza del rapporto tra Francesco e Chiara: è in quel Dio che era divenuto il centro della loro esistenza, da cui apprendiamo il valore della sofferenza e del dono di sé, che univa le loro menti, i loro cuori, i loro slanci generosi, che era ispiratore del loro essere e del loro agire. Sulla "pietra angolare" (Sal. 118, 22; Is. 28, 16) di Cristo Francesco e Chiara hanno fondato la loro costruzione, e in Cristo sono divenuti anch'essi parte di un edificio più vasto, la ekklèsia, vale a dire l'assemblea, la comunità dei credenti. In pratica, hanno resa concreta la Scrittura, espressa per mezzo di Pietro: "Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo" (1 Pt. 2, 4-5).
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