Se dovrai attraversare il deserto, non temere, Io sarò con te.
io sono il tuo Dio, Signore. Io sarò con te dovunque andrai. |
Santa Chiara...e la storia continua
Venne la domenica delle Palme. La mattina Chiara si recò al Duomo per ricevere dalle mani del Vescovo l'olivo benedetto. Inginocchiata dinanzi all'Altissimo, essa riconfermò a Dio ciò che aveva promesso a Francesco; poi, quando calò la notte, sgusciando non vista dal palazzo, raggiunse, in compagnia di un'amica, Santa Maria degli Angeli. Nel silenzio della piccola Chiesa di campagna, al lume incerto di poche candele , l'attendeva il Poverello con i più fidi suoi seguaci. Chiara s'inginocchiò dinanzi a lui sulla nuda rerra, e con la dolce voce trepidante di commozione, giurò eterna fedeltà alle regole di purezza, umiltà e povertà. Una rozza tonaca ricoperse le vesti sontuose e un velo nero le cinse la fronte. Recisi dalle mani di Francesco, caddero i biondi capelli. Non più una nobildonna stava dinanzi all'altare, ma una suora: la prima Suora del II Ordine Francescano o delle Suore Clarisse.
Suor Chiara non ritornò quella notte a palazzo nè più vi mise piede, anche se il giorno dopo tutti i parenti, capeggiati dal potente zio Monaldo, si recarono in armi al convento delle suore di San Paolo, dove Chiara aveva chiesto temporanea ospitalità, pretendendo l'immediato ritorno della fanciulla. Quattro giorni dopo, un'altra giovane donna bussava alla porta del convento chiedendo di esservi accolta: era Agnese, la sorella quindicenne che secondo la narrazione di Tommaso da Celano, era riuscita a vincere l'inflessibile volontà dello zio Monaldo grazie ad un intervento miracoloso di Chiara. Dopo lei vennero altre fanciulle, nobili e popolane, e Chiara, come già Francesco aveva fatto con i suoi seguaci, tutte accolse come sorelle.
Francesco, intanto, non aveva perso tempo e, con l'aiuto dei francescani, aveva ultimato la riparazione di una chiesetta, da tempo chiusa al culto: ciò per preparare un'adeguata dimora per quel piccolo stuolo di pie fanciulle, che l'ammirazione popolare già aveva preso a chiamare familiarmente "povere dame". La chiesetta di San Damiano, sorgente in mezzo agli ulivi a valle della città, fu dunque la loro nuova dimora: una dimora squallida di masserizie, cintata da un giardino grande come un fazzoletto, tropo fredda d'inverno e troppo calda d'etate, ma nella quale sempre regnò la letizia e l'amore, e nella quale sempre gli ammalati e i poveri trovarono conforto, panni e cibo. Vivendo di elemosine, sempre serene come se da gran tempo esse fossero abituate alla miseria, le pie fanciulle, ogni giorno più numerose, sapevano essere in tutto degne sorelle di Francesco e dei francescani; nulla anzi Chiara avrebbe voluto fare, senza il consiglio del Poverello.
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